lunedì 16 ottobre 2017

Pesticidi su colture? A spargerli ci pensano le api

Dal Canada idea di sfruttarle per trasportare antiparassitari

Oltre a portare il polline e il nettare, le api potrebbero presto essere 'sfruttate' per trasportare anche pesticidi naturali nei fiori di piante e colture, evitando così di ricorrere all'irrorazione indiscriminata degli antiparassitari nelle coltivazioni.

Una società canadese, la Bee Vectoring Technology (Bvt), ha infatti pensato di affidare proprio ad 'ignare' api il compito di disperdere nei fiori la giusta quantità di pesticidi naturali per preservare la salute e la sopravvivenza della pianta.

L'idea è semplice: all'interno dell'arnia viene inserito un piccolo vassoio con una polvere composta da pesticidi innocui per le api e Gliocladium roseum, un fungo che non provoca disturbi agli insetti ma che attacca i parassiti delle piante. I bombi, uscendo dall'alveare, sono costretti a venire in contatto con questa polvere, che resta incollata sulle loro zampe. Una volta all'esterno, le api svolgono il loro lavoro di impollinatori; dentro i fiori lasciano però anche una 'spolverata' di pesticidi utili a proteggere la pianta e i futuri frutti.

Bvt sottolinea come questa idea non solo possa far calare la quantità di pesticidi oggi utilizzata, ma anche assicurare che queste sostanze finiscano proprio nei fiori. Secondo la società, infatti il 99% dei pesticidi spruzzati su piante e alberi finisce a terra. 


sabato 14 ottobre 2017

Per le api i pesticidi fanno da anticoncezionale

Alcuni degli insetticidi più diffusi riducono la fertilità dei fuchi, e potrebbero essere tra le cause delle recenti morie degli insetti

Secondo una ricerca recentemente pubblicata, gli insetticidi più diffusi nel mondo potrebbero agire come fattori di "controllo nascite" per i fuchi, ossia i maschi delle api. Quando esposti a sostanze come i neonicotinoidi, infatti, i fuchi presentano meno spermatozoi vitali rispetto a quelli non esposti.

È il primo studio a esaminare gli effetti sui fuchi di questa classe di insetticidi, già sospettati di avere legami con le frequenti morie delle api degli ultimi anni. "I nostri dati indicano uno dei possibili effetti sulle api dei neonicotinoidi", commenta Geoff Williams, ricercatore all'Università di Berna, che ha guidato la ricerca.

I fuchi hanno un unico compito: accoppiarsi con una regina. E proprio perché il loro principale contributo alla colonia è lo sperma, sono spesso poco considerati negli studi sulla sopravvivenza. Tuttavia, la produttività dell'ape regina e il successo della colonia possono risentire dei problemi nell'accoppiamento. Secondo i ricercatori, sono necessarie altre ricerche per capire come gli effetti dei pesticidi influenzano la riproduzione
delle api nel loro ambiente naturale.

Cos'è successo esattamente ai fuchi esposti ai pesticidi?

I ricercatori hanno analizzato i fuchi di alveari esposti a due insetticidi, il Thiametoxan e il Clothianidin. Sono stati scelti in particolare questi due perché il loro utilizzo nell'Unione Europea è sotto revisione, a causa delle preoccupazioni sul declino degli insetti impollinatori. I fuchi sono stati esposti a quantità di pesticida paragonabili a quelli a cui le api possono essere naturalmente esposte attraverso i pollini.

In confronto a fuchi non esposti ai pesticidi, quelli testati producevano il 39% di sperma in meno. Inoltre, la vitalità degli spermatozoi, calcolata come rapporto tra le cellule vive e quelle morte, era inferiore dell'8-11%. Ovviamente, solo gli spermatozoi vivi possono fecondare le uova dell'ape regina.

È questa la causa del collasso delle colonie di cui tanto si parla?

Non si sa ancora.

Nell'ultimo decennio, gli apicoltori del Nord America e dell'Europa hanno riportato una perdita annuale del 30% dei loro alveari. Nello stesso periodo è stato constatato anche un declino degli impollinatori selvatici, tra cui i bombi e la farfalla monarca. Stanno cominciando a emergere diversi fattori, tra cui malattie, parassiti e perdita dell'habitat, che potrebbero influire su questa perdita.

Inoltre, "una crescente quantità di dati indica che i neonicotinoidi possono avere effetti sub-letali", spiega Dannis vanEnglesdorp, un ricercatore che si occupa di api all'Università del Maryland, non coinvolto nel nuovo studio. "Non troveremo subito una pila di api morte, ma stiamo cominciando a renderci conto che l'esposizione a questi pesticidi danneggiano e rallentano in modo sottile la crescita delle colonie".

Gli esperti temono che il problema possa essere più grave dell'uso di uno o due pesticidi. Le api sono esposte a diverse sostanze chimiche quando vanno a raccogliere il nettare per il miele. Uno studio recente ha trovato i residui di trenta diversi pesticidi nei pollini immagazzinati negli alveari. "Non sappiamo quasi niente degli effetti additivi o sinergici che l'esposizione contemporanea a tutte queste sostanze può comportare", spiega Dave Shutler, ecologo all'Acadia University, in Nuova Scozia.

Cosa si può dire sullo stato di salute delle api regine?

Le api regine si accoppiano con diversi fuchi, e da ciascuno raccolgono una piccola quantità di sperma. Questo sperma messo da parte viene poi usato per fecondare le uova, durante tutto l'arco della loro vita. "Una riduzione del numero degli spermatozoi vitali può significare guai per la colonia, perché se non sono sufficienti la regina potrebbe dover rinunciare alla sicurezza dell'alveare per accoppiarsi di nuovo", spiega Lars Straub, studente di dottorato all'Università di Berna.

"Gli apicoltori nordamericani ed europei hanno sempre sostenuto che la cattiva salute delle api regine sia la principale causa della perdita delle colonie, ma nessuno ne conosce la ragione alla base del fenomeno", spiega Williams. Le api regine in cattiva salute fecondano meno uova. Ricerche precedenti hanno collegato i neonicotinoidi ai problemi di sopravvivenza e riproduzione delle api regine.

"Penso che questo studio sia un'ulteriore prova del fatto che queste sostanze possano avere effetti multipli", commenta vanEnglesdorp.

Cosa sono i neonicotinoidi e come sono usati?

I neonicotinoidi uccidono i parassiti danneggiandone il sistema nervoso. Sono stati introdotti alla fine degli anni Ottanta come alternativa più sicura a prodotti più vecchi e tossici. Diversamente da altri pesticidi, però, sono assorbiti da tutti i tessuti delle piante, dalla linfa alle foglie, fino al polline. Questo li rende molto efficaci contro gli insetti che succhiano la linfa, come gli afidi.

In agricoltura, i neonicotinoidi sono sparsi sulle sementi per colture come quelle di soia e mais. Quando il seme germina, il prodotto penetra nei tessuti della pianta in crescita. Mais e soia disperdono il polline attraverso il vento, non con gli insetti impollinatori. Le api possono entrare in contatto con il pesticida quando il polline di queste piante finisce nei fiori dove si foraggiano.

L'EPA, l'agenzia statunitense per l'ambiente americana sta rivedendo gli effetti di diversi nicotinoidi sulle api e altri insetti impollinatori per decidere se restringerne l'uso.






in un laboratorio del Dipartimento dell'Agricoltura USA viene prelevato il seme da un fuco per fecondare un'ape regina. Strofinando o stringendo l'addome dell'insetto si espone l'endofallo: lo sperma è la sostanza di color marrone chiaro che si vede sulla punta. Fotografia di Anand Varma, National Geographic Creative


La tecnologia che salva le api

BEEHAVE: un modello matematico che simula al computer la vita di un alveare. Potrebbe finalmente chiarire perché negli ultimi anni le colonie siano andate scomparendo. E trovare una soluzione ai problemi che minacciano la vita delle api


Gli scienziati hanno creato un modello che simula le attività di una colonia di api nel corso degli anni. Si chiama BEEHAVE, e oltre al simpatico gioco di parole contenuto nel nome sembra una sorta di The Sims con le api. È stato elaborato sulla base degli studi degli ultimi anni, che hanno monitorato le abitudini e le attività all'interno dell'alveare, integrati con altri dati che le mettono in relazione con il “mondo esterno”. Nessun aspetto della vita nell'alveare viene dunque tralasciato, dalla deposizione delle uova da parte della regina fino alle cure delle api infermiere e alla raccolta di polline e nettare. Il team di ricercatori, guidato da Juliet Osborne dell'Università dell'Exeter, ha pubblicato lo studio sulla rivista Journal of Applied Ecology.

“La sfida è capire quali sono i fattori più importanti che influenzano la crescita e la sopravvivenza di una colonia. Il modello rappresenta la prima possibilità che abbiamo di simulare gli effetti di molte variabili che agiscono in concomitanza, dalla disponibilità di cibo fino all'infestazione da parte di acari, e alle malattie. Il tutto misurato su scala
temporale molto realistica”. BEEHAVE permetterà ai ricercatori, agli apicoltori e a chiunque sia appassionato di questi insetti di predire l'evoluzione delle colonie e l'andamento della produzione del miele, basandosi anche sulle condizioni climatiche.

I conti in tasca all'alveare

I primi risultati sono già arrivati: le colonie infestate dalla varroa, un comune acaro parassita, sono più vulnerabili alla scarsità di cibo. Nel primo anno di infestazione gli effetti possono sfuggire, e anche effettuando controlli di routine è plausibile che un apicoltore non si accorga di nulla. Le conseguenze tuttavia peggiorano di anno in anno, portando anche al collasso della colonia se non si interviene con un trattamento anti-varroa specifico ed efficace.

BEEHAVE si dimostrerà utile anche per studiare le conseguenze a lungo termine dell'utilizzo di pesticidi, simulando il conseguente impatto della cospicua perdita di api bottinatrici, che si occupano del foraggiamento di polline e nettare. Sul breve termine, secondo i modelli, la colonia potrebbe resistere senza troppe difficoltà, ma andando avanti negli anni gli effetti si fanno sentire specialmente se ci fosse anche scarsità di cibo a fronte di quella delle bottinatrici. La perdita di molti individui rappresenta una minaccia non solo per il sostentamento della colonia, ma va ovviamente a colpire anche l'apicoltore specialmente in periodi delicati per la riproduzione come marzo e aprile.

Ne è un esempio il caso verificatosi a Titignano (frazione di Orvieto) la notte del 4 marzo, in cui ignoti armati di bombolette insetticide hanno sterminato due milioni di api e devastato una trentina di arnie dell'azienda apistica "La Mieleria" di Sergio D'Agostino, presidente dell'Anai, associazione nazionale apicoltori italiani. Quanto valgono quelle api, oltre al danno morale causato all'apicoltore e al suo duro lavoro? Tradotto in moneta, per una piccola azienda come questa si parla di 20-25mila euro.

Le simulazioni effettuate finora hanno mostrato che delle fonti di approvvigionamento vicine


Api di riserva per salvare l'agricoltura Usa?

La popolazione di questo fondamentale impollinatore è in forte declino con gravi rischi per i raccolti: una possibile soluzione è ricorrere a specie selvatiche più resistenti, ma che non producono miele

La vita di un'ape regina, se tutto va bene, dovrebbe durare due o tre anni. Nell'ultimo decennio però gli apicoltori statunitensi hanno riscontrato un dimezzamento di questo ciclo vitale e i ricercatori stanno cercando di capire il perché.

È una delle tante domande che compongono il mistero della mortalità delle api mellifere, un fenomeno allarmante legato a una combinazione di fattori tra cui i parassiti, i pesticidi e la perdita di habitat.

Pur non essendo native degli Stati Uniti, le api mellifere sono fondamentali per l'agricoltura americana in quanto svolgono un ruolo cruciale nell'impollinazione. Dalle mele alle mandorle, molte colture stenterebbero senza l'apporto delle api. E anche se quasi il 90 per cento degli apicoltori americani lo fa per hobby, la maggioranza degli alveari, spiega l'entomologo David Tarpy, appartiene a grandi attività commerciali.

La moria delle api potrebbe avere effetti devastanti sulla produzione alimentare e gli studiosi stanno cercando soluzioni alternative. Quasi tutte le api presenti oggi negli Stati Uniti sono di provenienza italiana e vulnerabili a un parassita, l'acaro Varroa. Le api russe, invece, sono più resistenti, e con esse i piccoli
apicoltori hanno avuto buoni risultati. Il problema, dice Tarpy, è che le api russe producono meno miele di quelle italiane e "non sono altrettanto efficaci" nell'impollinazione di vaste aree agricole.

Secondo il biologo della fauna selvatica Sam Droege, un'alternativa potrebbe essere l'utilizzo delle migliaia di specie di api selvatiche nordamericane, che sono ottime impollinatrici, pungono raramente e hanno le dimensioni di un chicco di riso. Lo svantaggio è che nessuna di queste specie selvatiche produce miele, ma "il miele possiamo sempre importarlo da altri paesi", ribatte Droege.


lunedì 9 ottobre 2017

Il 75% del miele contiene neonicotinoidi: api a rischio

Ben tre quarti del miele consumato a livello globale contiene almeno un insetticida potenzialmente dannoso per le api. Così questi insetti diventano indicatori viventi della contaminazione dell’ambiente 




Ben il 75% del miele che consumiamo a livello globale è contaminato da un gruppo di pesticidi, i neonicotinoidi, introdotti come alternativa sicura al Ddt, l’insetticida più diffuso al mondo. Una contaminazione che rappresenta un pericolo in primo luogo proprio per le api, insetti essenziali per la riproduzione delle piante e la sopravvivenza degli ecosistemi. A renderlo noto è uno studio guidato dall’università svizzera di Neuchâtel, che ha riacceso l’attenzione su un problema che potrebbe rappresentare una minaccia per il mantenimento della biodiversità.
La presenza di neonicotinoidi nel miele è molto bassa – ben al di sotto dei limiti imposti dall’Unione Europea per il consumo umano – e da considerarsi dunque non nociva per le persone. Ma può esserlo, secondo gli scienziati, per gli insetti impollinatori, che trasportano il polline da un fiore ad un altro. I risultati dell’indagine sono stati pubblicati su Science.
I neonicotinoidi sono composti chimici comunemente utilizzati in agricoltura per uccidere i parassiti delle piante. Ma, dal corpo della pianta, questi composti possono raggiungere il fiore, poi dal fiore arrivare alle api e dunque al miele. Oltre ad essere un importante alimento per il consumo umano, infatti, il miele costituisce la dieta delle api, che lo elaborano a partire dal nettare del fiore (ma non solo da lì) e lo immagazzinano nelle loro casette – nel caso di apicolture, nelle arnie. In questo senso le api pèossono essere considerate sentinelle viventi della qualità dell’ambiente e i residui di pesticidi presenti nel miele usati come un indicatore del livello della contaminazione.
Partendo proprio da questa idea, i ricercatori hanno testato 198 campioni di miele provenienti da tutto il mondo, realizzando una sorta di inventario dei pesticidi presenti in questo alimento e dei paesi che li utilizzano maggiormente. Gli scienziati hanno analizzato, tramite test chimici, la presenza dei seguenti neonicotinoidi, acetamiprid, clotianidina, imidacloprid, thiacloprid e thiamethoxam: nomi tecnici che indicano alcuni dei più comuni pesticidi. In base ai risultati, in ben tre campioni su quattro era presente almeno una delle cinque sostanze testate. Fra quelli contaminati, circa nella metà dei casi erano presenti almeno due insetticidi, mentre in un campione su 10 ne erano presenti quattro o tutti e cinque.
Questo dato indica che a livello globale la gran parte delle api potrebbe essere colpita in maniera più o meno forte da questi insetticidi. Soprattutto un’esposizione ripetuta a queste sostanze – ovvero cronica, come la definiscono gli autori dello studio – può rappresentare un problema. Andando ad analizzare la concentrazione degli insetticidi, i ricercatori hanno svelato che ben in un terzo dei casi – nel 34% del miele analizzato – si osservavano quantità di neonicotinoidi tali da indurre un danno o la morte delle api. I paesi con la più alta concentrazione di questi composti si trovano in Europa, Asia e Nord America.
Non bisogna dimenticare inoltre che le api rappresentano un componente essenziale per la riproduzione delle piante e dunque per la sopravvivenza degli ecosistemi: un elemento che secondo gli autori potrebbe spingere a ridurre l’uso di questi pesticidi, come si discute da tempo. Ma non è tutto.
Anche se le quantità di neonicotinoidi sono più basse dei valori limite per il consumo umano e non comportano danni per l’essere umano, gli autori citano alcune recenti evidenze in base alle questi insetticidi potrebbero avere qualche effetto negativo anche sui vertebrati, ad esempio sul sistema immunitario. Un elemento che, unito a quello del danno sulle api, potrebbe spingere a riconsiderare queste soglie europee, secondo gli autori, abbassandole. In un momento delicato per l’Europa: dopo il bando temporaneo di alcuni neonicotinoidi nel 2013, la Commissione Europea sta discutendo proprio in questo momento su come regolamentare l’uso di questi pesticidi e un parere è atteso a breve.