Quando pensiamo alle api ci viene oggi spontaneo pensare all’apicoltura con arnie a favo mobile, alla produzione di miele oppure alle varie problematiche che oggi l’apicoltura attraversa e che vengono spesso definite come “declino delle api”. In realtà l’ape mellifera non è un animale domestico e l’apicoltura è solo un aspetto del meraviglioso mondo delle api.
Apis mellifera è un insetto autoctono in gran parte dell’Europa, dell’Africa e del Medio Oriente e come organismo “selvatico” riveste un ruolo di primaria importanza nella conservazione della biodiversità vegetale e quindi degli ecosistemi in genere. Questo ruolo deriva dal fatto che questo apoideo è all’apice di un processo evolutivo, anzi, di coevoluzione, che a partire da oltre 100 milioni di anni fa ha visto una convergenza tra alcune piante, le fanerogame, e un gruppo di insetti che si sono via via specializzati nell’utilizzare per la propria sussistenza quanto queste piante offrono loro restituendo in cambio un infallibile e capillare servizio di impollinazione. Questo processo di coevoluzione ha portato alla comparsa di un piccolo gruppo di specie, il genere Apis, che hanno raggiunto livelli evolutivi diversi. A differenza di gran parte degli altri apoidei, le specie del genere Apis sono tutte sociali e le loro colonie, di dimensioni varie, sono durevoli. Il “segreto” del loro successo risiede nella secrezione della cera, un materiale plastico e impermeabile che le api secernono per costruire i loro favi che quindi sono adatti a conservare il miele anche per anni. Ma l’apicoltura come la conosciamo oggi è nata solo in relazione all’Apis mellifera, perché le sue caratteristiche biologiche ed etologiche consentono facilmente il suo “sfruttamento” da parte dell’uomo a fini produttivi. Gli aspetti biologici dell’ape mellifera che hanno reso “facile” la nascita dell’apicoltura sono:
- Formazione di grosse colonie durevoli (oltre 50.000 individui in primavera-estate)
- Raccolta di enormi quantità di nettare e stoccaggio di moltissimo miele
- Nidificazione entro cavità (di volume paragonabile ad una cesta, un otre o altri recipienti)
- Timore del fumo
- Riproduzione delle colonie per sciamatura solo in determinati periodi dell’anno
- Stazionamento temporaneo degli sciami a pochi metri dalla colonia originaria
Queste caratteristiche derivano in parte anche da un perfetto adattamento all’ambiente. Infatti, l’Apis cerana, specie asiatica molto affine alla nostra ape mellifera, vivendo in aree a clima e vegetazione tropicale o subtropicale, ha una forte inclinazione alla sciamatura, non essendo costretta a limitarla (almeno a scopo riproduttivo e dispersivo) a quei limitati periodi della stagione in cui ci sia una grande disponibilità di risorse alimentari.
L’ape mellifera invece, e specialmente le popolazioni europee e del bacino del mediterraneo, dopo la sciamatura deve riuscire a costituire colonie sufficientemente popolose e ben fornite di scorte di miele per superare periodi avversi come gli inverni freddi o le estati aride.
L’ape mellifera quindi ha imboccato un percorso evolutivo che prevede la formazione di grosse colonie, ben sincronizzate con le caratteristiche climatiche e vegetazionali locali, che perciò sono costrette a raccogliere enormi quantità di nettare o melata, per costituire le ingenti scorte necessarie alla loro sopravvivenza durante i periodi avversi. Ma il problema fondamentale per queste grosse colonie deriva proprio dal ciclo biologico ed etologico dei singoli individui e specialmente delle api bottinatrici. Queste api necessitano 20-21 giorni di sviluppo da uovo ad insetto adulto e altri 20 giorni circa di attività all’interno dell’alveare per essere “sfruttate” a pieno per le loro secrezioni (gelatina reale e cera) e per compiere la loro preparazione alla vita esterna. Una colonia di ape mellifera deve intraprendere quindi l’allevamento di una massa ingente di covata almeno 40 giorni prima di un importante flusso alimentare. Ma non sempre le cose vanno come previsto e se al momento dell’ingente fioritura le condizioni atmosferiche fossero non compatibili con l’attività di foraggiamento, le colonie dovrebbero poter continuare ad allevare molta covata nell’attesa di altre risorse alimentari. Per questo motivo, le grosse colonie di ape mellifera devono ogni anno immagazzinare molto più miele di quanto non serva per una normale annata. Da questa necessità di raccogliere un enorme surplus di scorte trae origine l’apicoltura e probabilmente proprio per questa attitudine al “risparmio” l’alveare e le api sono state elette come simbolo dei primi istituti bancari.
Da questa lettura, forse semplicistica, della biologia dell’ape mellifera si può comprendere come il superorganismo alveare debba essere sincronizzato al massimo con l’ambiente in cui vive. Questa sincronizzazione, che porta alla formazione degli “ecotipi” locali, determina sia l’andamento stagionale che l’entità dello sviluppo demografico delle colonie. Per questo motivo, originariamente, le diverse sottospecie dell’Apis mellifera (e i diversi ecotipi locali, erano caratterizzate ad esempio da diversa propensione alla sciamatura, diversa popolosità delle colonie sia durante la buona stagione che nei periodi di stasi, diversa produttività, aggressività, densità di insediamento delle colonie e raggio di bottinatura. Queste sono le conclusioni che possiamo trarre:
- Le api si sono evolute assieme ai fiori da cui ricavano il cibo e che provvedono a impollinare
- Queste colonie sono durevoli grazie alla cera di cui sono fatti i favi
- Il percorso evolutivo ha portato le api mellifere a costituire enormi colonie
- La necessità per le api mellifere di immagazzinare grandi scorte di miele ha determinato la nascita dell’apicoltura
- Le api mellifere sono organismi selvatici e sono i più importanti impollinatori della nostra flora spontanea
- Il susseguirsi delle fioriture e delle altre disponibilità alimentari di un dato ambiente, sono alla base dell’andamento demografico delle colonie
- Il sostentamento di queste colonie prevede un elevato sincronismo con l’ambiente sia da un punto di vista climatico che floristico
- Questo sincronismo api-ambiente necessita di tempi lunghi e produce i cosiddetti ecotipi.
Da queste conclusioni potremmo sviluppare ragionamenti diversi a seconda che si voglia valutare, tutelare o potenziare il ruolo ecologico dell’ape mellifera oppure per indagare anche in tal senso le cause delle gravi difficoltà che oggi l’apicoltura incontra come attività produttiva. Tuttavia oggi le due grandi questioni legate all’ape mellifera non sono più scindibili. Con l’avvento della Varroa le colonie “selvatiche” di ape mellifera sono pressoché scomparse in gran parte del suo areale originario e le uniche api presenti sono quelle gestite dagli apicoltori. Per questo motivo una visione globale del “problema api” è quanto mai urgente, sia per gravissimi e urgenti ragioni ambientali ma anche per riconsiderare in modo più naturale l’antichissima e nobilissima arte dell’apicoltura. L’apicoltura interagisce totalmente con l’ambiente, da cui riceve tutto quanto produce e a cui non deve dimenticarsi di restituire quel servizio di impollinazione, soprattutto verso la flora spontanea, che è alla base della conservazione degli equilibri ecologici grazie ai quali anche la specie Homo sapiens può sopravvivere e prosperare.
Paolo Fontana: paolo_api.fontana@fmach.it