tag:blogger.com,1999:blog-81317023250841800592024-02-18T21:47:06.450-08:00SOS dall'Ape Mellifera dal pianeta TerraLa popolazione mondiale di Apis mellifera è in diminuzione con rischio potenziale di estinzione, che originera’ radicali cambiamenti sul pianeta Terra, come la scomparsa dell’uomo. Le cause delle morti delle api sono diverse. Occorre la partecipazione di tutti per proteggere il nostro pianeta.Guglielmohttp://www.blogger.com/profile/18391777963114840422noreply@blogger.comBlogger145125tag:blogger.com,1999:blog-8131702325084180059.post-53921201792692774892020-08-23T20:51:00.002-07:002020-08-23T20:51:39.657-07:00Ecco come riconoscere la pericolosa vespa velutina e dove si trova in Italia<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div> <p></p><h3 style="background-color: white; border: 0px; color: #19232d; font-family: lato, arial, sans-serif; font-size: 19px; font-weight: normal; line-height: 1.5; margin: 0px 0px 24px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><em style="border: 0px; font-family: inherit; margin: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Introdotta accidentalmente in Francia nel 2004, la vespa velutina o calabrone asiatico ha colonizzato in poco tempo altri Paesi, compresi Spagna, Portogallo e Italia. La puntura dell’imenottero, noto per la sua aggressività, può scatenare uno shock anafilattico nelle persone predisposte e causare anche la morte. Rappresenta una seria minaccia anche per l’ambiente e l’economia.</em><br />di Andrea Centini<br /><a href="https://scienze.fanpage.it/la-puntura-di-vespa-velutina-puo-uccidere-un-uomo-dove-si-trova-in-italia-e-come-riconoscerla/" rel="noopener noreferrer" style="border: 0px; color: #59d600; font-family: inherit; margin: 0px; padding: 0px; text-decoration-line: none; transition: all 0.4s ease-in-out 0s; vertical-align: baseline;" target="_blank">scienze.fanpage.it</a></h3><h4 style="background-color: white; border: 0px; color: #19232d; font-family: lato, arial, sans-serif; font-size: 17px; font-weight: normal; line-height: 1.5; margin: 0px 0px 24px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Tra le cosiddette specie aliene, cioè introdotte dall’uomo da un altro ecosistema, il calabrone asiatico o vespa velutina (Vespa velutina) è una di quelle che desta maggiori preoccupazioni nel nostro Paese. Questi imenotteri asiatici, infatti, sono piuttosto aggressivi nei confronti dell’uomo, e le loro punture nei soggetti sensibili possono scatenare una grave reazione allergica nota come shock anafilattico. È accaduto a uno sfortunato giardiniere quarantaquattrenne di Imperia, che è stato punto da tre vespe velutine mentre era al lavoro. La minaccia principale resta tuttavia per le api, le loro prede preferite. Se infatti nei luoghi d’origine (India, Cina, Indocina e Indonesia) le prede hanno evoluto comportamenti atti a proteggersi dagli attacchi, le api europee sono completamente esposte ai voraci predatori.<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjM-U0CkyA3UoeXuPxQbSkKF3He5gBb30ylFudAvmaRAX-ijGKL2nsyFEPBZIiO1t8oagLt6HlZ-yp50G5cBZNHGPXLdlXisHKaQOHZsyVgLLWSrTnon8DVguGP4xoHsA7PPLNQCSTzLqTH/s977/Svellutina.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="645" data-original-width="977" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjM-U0CkyA3UoeXuPxQbSkKF3He5gBb30ylFudAvmaRAX-ijGKL2nsyFEPBZIiO1t8oagLt6HlZ-yp50G5cBZNHGPXLdlXisHKaQOHZsyVgLLWSrTnon8DVguGP4xoHsA7PPLNQCSTzLqTH/s640/Svellutina.jpg" width="640" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"></div></h4><h4 style="background-color: white; border: 0px; color: #19232d; font-family: lato, arial, sans-serif; font-size: 17px; font-weight: normal; line-height: 1.5; margin: 0px 0px 24px; padding: 0px; text-align: center; vertical-align: baseline;"><em style="border: 0px; font-family: inherit; margin: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Vespa velutina o calabrone asiatico.</em></h4><div><em style="border: 0px; font-family: inherit; margin: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></em></div><div><em style="border: 0px; font-family: inherit; margin: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><h4 style="background-color: white; border: 0px; color: #19232d; font-family: lato, arial, sans-serif; font-size: 17px; font-style: normal; font-weight: normal; line-height: 1.5; margin: 0px 0px 24px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">La colorazione, seppur somigliante, presenta differenze evidenti: l’apice delle zampe del calabrone asiatico, come suggerisce il nome della sottospecie, è giallo, mentre quello del calabrone europeo è tendente al rossiccio. Le antenne sono nere (tranne una piccola parte) mentre quelle del nostro calabrone sono anch’esse rossicce. Risultano neri – se visti dall’alto – anche testa e torace, rispetto al bruno-rossiccio del calabrone europeo. L’addome è scuro nella parte prossima al torace e giallo in quello terminale, un configurazione simile a quella della specie nostrana, che tuttavia ha una porzione gialla molto più ampia accompagnata da dettagli neri.</h4><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgT9QVCerWuyVmL1DAgV34f7TNVYRp_jAX01oAOKMTyOgd8YTcDCtHWfcq-agQLGnParJ1yxIDgr43ffoq7TUdZXjkw8fcXHDXrF3edfUqD_GFlT2wmOAUi8J8JSP7wQBr4Afpus_LLafHi/s640/calabrone-europeo.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="504" data-original-width="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgT9QVCerWuyVmL1DAgV34f7TNVYRp_jAX01oAOKMTyOgd8YTcDCtHWfcq-agQLGnParJ1yxIDgr43ffoq7TUdZXjkw8fcXHDXrF3edfUqD_GFlT2wmOAUi8J8JSP7wQBr4Afpus_LLafHi/s0/calabrone-europeo.jpg" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">calabrone europeo</div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><h4 style="background-color: white; border: 0px; color: #19232d; font-family: Lato, Arial, sans-serif; font-size: 17px; font-style: normal; font-weight: normal; line-height: 1.5; margin: 0px 0px 24px; padding: 0px; text-align: left; vertical-align: baseline;"><strong style="border: 0px; font-family: inherit; margin: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Come è arrivata in Italia e dove si trova</strong></h4><h4 style="background-color: white; border: 0px; color: #19232d; font-family: Lato, Arial, sans-serif; font-size: 17px; font-style: normal; font-weight: normal; line-height: 1.5; margin: 0px 0px 24px; padding: 0px; text-align: left; vertical-align: baseline;">In Europa le vespe velutine si sono diffuse dalla Francia a partire dal 2004, quando per errore fu introdotta nei pressi di Bordeaux, probabilmente all’interno di un vaso, una regina feconda che diede il via alla colonizzazione. Dalla Francia la vespa velutina ha raggiunto la Spagna, il Portogallo, il Belgio e anche il nostro Paese (i primi nidi sono stati individuati nel 2013). La regione più colpita per ragioni geografiche è stata la Liguria, dove l’insetto si è ampiamente diffuso. Numerose segnalazioni sono state fatte anche in Piemonte, nella provincia di Cuneo, mentre avvistamenti isolati sono stati registrati anche nel nord della Toscana e in Emilia Romagna e basso Veneto. Il rischio che possa diffondersi anche altrove è concreto, ed è per questo che sono in atto diverse iniziative per eradicare la pericolosa specie aliena. Il progetto “<a href="https://www.stopvelutina.it/il-progetto/" rel="noopener noreferrer" style="border: 0px; color: #59d600; font-family: inherit; margin: 0px; padding: 0px; text-decoration-line: none; transition: all 0.4s ease-in-out 0s; vertical-align: baseline;" target="_blank">LIFE STOPVESPA</a>”, cui collaborano università, apicoltori, enti di ricerca e semplici cittadini, punta a sensibilizzare l’opinione pubblica sui rischi legati alla vespa velutina, per le persone, la biodiversità e l’economia.</h4><h4 style="background-color: white; border: 0px; color: #19232d; font-family: Lato, Arial, sans-serif; font-size: 17px; font-style: normal; font-weight: normal; line-height: 1.5; margin: 0px 0px 24px; padding: 0px; text-align: left; vertical-align: baseline;"><strong style="border: 0px; font-family: inherit; margin: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Vespa velutina: un pericolo per l’uomo</strong></h4><h4 style="background-color: white; border: 0px; color: #19232d; font-family: Lato, Arial, sans-serif; font-size: 17px; font-style: normal; font-weight: normal; line-height: 1.5; margin: 0px 0px 24px; padding: 0px; text-align: left; vertical-align: baseline;">Soltanto le femmine di vespa velutina sono dotate di pungiglione, col quale possono iniettare una discreta quantità di veleno nelle vittime. Il pericolo principale è rappresentato dalle punture ripetute, tuttavia nei soggetti sensibili è sufficiente la puntura di una singola vespa per scatenare uno shock anafilattico. Si tratta di un’emergenza medica con conseguenze potenzialmente fatali per il paziente; in parole semplici, è una risposta dirompente e violenta del sistema immunitario al veleno dell’imenottero, una reazione sistemica che può portare all’asfissia e al collasso cardiocircolatorio. Il rischio è acuito dal fatto che la vespa velutina costruisce i nidi nei pressi dei centri abitati, e ciascuno di essi può contenere anche migliaia di esemplari.<br />Una minaccia per le api e l’economia</h4><h4 style="background-color: white; border: 0px; color: #19232d; font-family: Lato, Arial, sans-serif; font-size: 17px; font-style: normal; font-weight: normal; line-height: 1.5; margin: 0px 0px 24px; padding: 0px; text-align: left; vertical-align: baseline;">Le api, com’è noto, sono in diminuzione in tutto il mondo a causa della sindrome da spopolamento degli alveari, catalizzato dai pesticidi neonicotinoidi. Poiché questa specie impollina moltissime specie di piante, sia commerciali che non, una diminuzione significativa degli esemplari comporta rischi concreti per l’economia e gli ecosistemi. La vespa velutina preda preferenzialmente proprio l’ape domestica (Apis mellifera), e quando ne intercetta gli apiari li sottopone a una pressione predatoria elevatissima. Basti pensare che un singolo esemplare può arrivare a catturare e smembrare un’ape ogni 10 secondi. Le api sono così spaventate dalla loro presenza che spesso smettono di uscire dall’alveare, compromettendo l’impollinazione e lo stesso futuro della colonia. Le vespe velutine più aggressive possono entrare all’interno degli alveari per catturare le prede. In Francia sono stati registrati danni ingenti agli apicoltori, che hanno avuto a che fare con una minaccia imprevista e soverchiante.</h4></div><div><h4 style="background-color: white; border: 0px; color: #19232d; font-family: Lato, Arial, sans-serif; font-size: 17px; font-style: normal; font-weight: normal; line-height: 1.5; margin: 0px 0px 24px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><strong style="border: 0px; font-family: inherit; margin: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Cosa fare quando avvistiamo una vespa velutina</strong></h4><h4 style="background-color: white; border: 0px; color: #19232d; font-family: Lato, Arial, sans-serif; font-size: 17px; font-style: normal; font-weight: normal; line-height: 1.5; margin: 0px 0px 24px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Quando si avvistano nidi o esemplari di vespa velutina si può inviare una segnalazione sul sito del progetto<a href="https://www.stopvelutina.it/il-progetto/" rel="noopener noreferrer" style="border: 0px; color: #59d600; font-family: inherit; margin: 0px; padding: 0px; text-decoration-line: none; transition: all 0.4s ease-in-out 0s; vertical-align: baseline;" target="_blank"> LIFE STOPVESPA</a>, i cui esperti stanno monitorando la distribuzione del calabrone sul territorio nazionale. È possibile catturare questi insetti posizionando trappole composte da bottiglie di plastica contenenti birra chiara con alcol al 4,7 percento. Questa bevanda è infatti attrattiva per i calabroni ma non per le api. Il rischio di simili metodi, tuttavia, è quello di attirare anche altra fauna (vespe e ditteri), col rischio di fare seri danni all’ecosistema. Per questo è sempre doveroso contattare un esperto.</h4><h4 style="background-color: white; border: 0px; color: #19232d; font-family: Lato, Arial, sans-serif; font-size: 17px; font-style: normal; font-weight: normal; line-height: 1.5; margin: 0px 0px 24px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><strong style="border: 0px; font-family: inherit; margin: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Aggiornamento Maggio 2020</strong></h4><h4 style="background-color: white; border: 0px; color: #19232d; font-family: Lato, Arial, sans-serif; font-size: 17px; font-style: normal; font-weight: normal; line-height: 1.5; margin: 0px 0px 24px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Nel nostro paese inizialmente ha distrutto molte arnie lungo la riviera ligure di ponente per poi espandersi fino in Toscana, con le ultime segnalazioni risalenti all’inizio del mese di aprile 2020 tra Liguria e Toscana, come segnalato da “<em style="border: 0px; font-family: inherit; margin: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Stop vespa velutina</em>“. Già nel 2019, la regione Liguria <a data-wpel-link="internal" href="https://www.greenme.it/informarsi/animali/moria-api-liguria-calamita-naturale/" style="border: 0px; color: #59d600; font-family: inherit; margin: 0px; padding: 0px; text-decoration-line: none; transition: all 0.4s ease-in-out 0s; vertical-align: baseline;" target="_self">aveva segnalato la crisi delle api</a> a causa della sua presenza, unita alla crisi climatica. E purtroppo la minaccia continua.</h4><h4 style="background-color: white; border: 0px; color: #19232d; font-family: Lato, Arial, sans-serif; font-size: 17px; font-style: normal; font-weight: normal; line-height: 1.5; margin: 0px 0px 24px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Si teme sia per il settore dell’apicoltura che per l’impatto potenzialmente devastante della sua diffusione sull’ecosistema e sulla biodiversità. Motivo per cui gli esperti ritengono che sia necessario fermarla da subito, considerato che proprio la primavera è il periodo più adatto per bloccarne l’avanzata, utilizzando trappole cattura regina, senza le quali non si formano nuove colonie.</h4><h4 style="background-color: white; border: 0px; color: #19232d; font-family: Lato, Arial, sans-serif; font-size: 17px; font-style: normal; font-weight: normal; line-height: 1.5; margin: 0px 0px 24px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Proprio grazie a questo metodo, gli apicoltori sono riusciti a catturarne finora cinque, un numero preoccupante secondo l’etologa del Dipartimento di Biologia dell’Università di Firenze Rita Cervo, che è anche professore associato di Zoologia. E questo perché la vespa velutina è un predatore molto pericoloso per le nostre api che, non conoscendola, non sanno ancora difendersi dai suoi attacchi.</h4></div><div><h4 style="background-color: white; border: 0px; color: #19232d; font-family: Lato, Arial, sans-serif; font-size: 17px; font-style: normal; font-weight: normal; line-height: 1.5; margin: 0px 0px 24px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">La Cervo, secondo quanto riporta La Stampa, ha dichiarato che l’apiario è una specie di “<em style="border: 0px; font-family: inherit; margin: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">supermercato delle velutine che hanno bisogno delle proteine contenute nei muscoli delle api per nutrire le larve e allevare nuove regine.”</em></h4><h4 style="background-color: white; border: 0px; color: #19232d; font-family: Lato, Arial, sans-serif; font-size: 17px; font-style: normal; font-weight: normal; line-height: 1.5; margin: 0px 0px 24px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Ma al momento in Italia non esistono altri metodi, se non quello della cattura delle regine, per bloccarne l’avanzata dato che, rispetto ad altri paesi come la Cina e la Corea, non ci sono ancora specie di calabroni in grado di fronteggiare e limitare questa vespa.</h4><h4 style="background-color: white; border: 0px; color: #19232d; font-family: Lato, Arial, sans-serif; font-size: 17px; font-style: normal; font-weight: normal; line-height: 1.5; margin: 0px 0px 24px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Ecco perché le regioni Liguria e Toscana, dove sono state avvistate quest’anno, invitano tutti gli abitanti e gli apicoltori a segnalarne immediatamente la presenza sia tramite il sito di “<a data-wpel-link="external" href="https://www.stopvelutina.it/" rel="nofollow noopener noreferrer" style="border: 0px; color: #59d600; font-family: inherit; margin: 0px; padding: 0px; text-decoration-line: none; transition: all 0.4s ease-in-out 0s; vertical-align: baseline;" target="_blank"><em style="border: 0px; font-family: inherit; margin: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Stop Vespa Velutina</em></a>” che alle Associazioni apistiche locali.</h4><h4 style="background-color: white; border: 0px; color: #19232d; font-family: Lato, Arial, sans-serif; font-size: 17px; font-style: normal; font-weight: normal; line-height: 1.5; margin: 0px 0px 24px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">FONTI: <a data-wpel-link="external" href="https://www.stopvelutina.it/nuove-segnalazioni-tra-liguria-e-toscana/" rel="nofollow noopener noreferrer" style="border: 0px; color: #59d600; font-family: inherit; margin: 0px; padding: 0px; text-decoration-line: none; transition: all 0.4s ease-in-out 0s; vertical-align: baseline;" target="_blank">Stop Vespa Velutina/</a><a data-wpel-link="external" href="https://www.lastampa.it/cronaca/2020/05/01/news/allarme-in-toscana-la-vespa-venuta-dall-oriente-killer-delle-api-1.38793666?refresh_ce&fbclid=IwAR37wWiKADh8GSFBsyMFMVCKaAmEeIuDul47s2S1YOmQ5kujHS5-U4aMN_k" rel="nofollow noopener noreferrer" style="border: 0px; color: #59d600; font-family: inherit; margin: 0px; padding: 0px; text-decoration-line: none; transition: all 0.4s ease-in-out 0s; vertical-align: baseline;" target="_blank">La Stampa</a></h4></div><div><br /></div></em></div>Guglielmohttp://www.blogger.com/profile/18391777963114840422noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8131702325084180059.post-7605425278579447812020-08-22T08:06:00.001-07:002020-08-22T08:06:22.135-07:00Moria delle api: dal colore del polline un aiuto per scoprire la contaminazione chimica e la dispersione dei pesticidi Grazie alla separazione dei pollini in base al colore, l’analisi chimica e palinologica per determinare l’estensione dell’inquinamento da antiparassitari sarà molto più accurata<p> <span style="box-sizing: border-box; color: #313131; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 18px; font-weight: 700; margin: 0px; outline: none; padding: 0px;">Utilizzo</span><span style="background-color: white; color: #313131; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 18px;"> </span><span style="background-color: white; color: #313131; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 18px;">di</span><span style="background-color: white; color: #313131; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 18px;"> </span><span style="box-sizing: border-box; color: #313131; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 18px; font-weight: 700; margin: 0px; outline: none; padding: 0px;">pesticidi</span><span style="background-color: white; color: #313131; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 18px;"> </span><span style="background-color: white; color: #313131; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 18px;">e</span><span style="background-color: white; color: #313131; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 18px;"> </span><span style="box-sizing: border-box; color: #313131; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 18px; font-weight: 700; margin: 0px; outline: none; padding: 0px;">moria</span><span style="background-color: white; color: #313131; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 18px;"> </span><span style="background-color: white; color: #313131; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 18px;">delle</span><span style="background-color: white; color: #313131; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 18px;"> </span><span style="box-sizing: border-box; color: #313131; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 18px; font-weight: 700; margin: 0px; outline: none; padding: 0px;">api</span><span style="background-color: white; color: #313131; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 18px;">. La correlazione tra i due fenomeni è ormai stata ampiamente dimostrata. Per questa ragione, ad esempio, l’impiego di antiparassitari tossici per le api, durante il periodo della fioritura è proibito e, a fini preventivi, l’Unione Europea ha deciso di restringere fortemente l’utilizzo dei neonicotinoidi, particolarmente letali per le api mellifere.</span></p><div class="adv0" id="" style="background-color: white; box-sizing: border-box; color: #313131; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 18px; margin: 0px auto; outline: none; padding: 0px; text-align: center;"></div><p style="background-color: white; box-sizing: border-box; color: #313131; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 18px; line-height: 1.8; margin: 0px 0px 17px; outline: none; padding: 0px;">Uno studio sui residui di insetticidi e fungicidi nel polline – condotto da <span style="box-sizing: border-box; font-weight: 700; margin: 0px; outline: none; padding: 0px;">Sergio Angeli e Riccardo Favaro</span>, entomologi, docenti e ricercatori alla Facoltà di Scienze e Tecnologie su otto apiari (o postazioni) tra le province di Bolzano e Trento – ha permesso di stabilire che il loro utilizzo nei meleti contamina anche le piante che sorgono al di fuori della zona coltivata. L’originalità e l’importanza della ricerca – <a href="https://www.frontiersin.org/articles/10.3389/fphys.2019.01069/full" rel="noopener noreferrer" style="background-color: transparent; box-sizing: border-box; color: #2196f3; cursor: pointer; margin: 0px; outline: none; padding: 0px; text-decoration-line: none; transition: color 0.3s ease 0s;" target="_blank"><em style="box-sizing: border-box; margin: 0px; outline: none; padding: 0px;">Botanical Origin of Pesticide Residues in Pollen Loads Collected by Honeybees During and After Apple Bloom</em></a> (Origine botanica dei residui di pesticidi nella bottinatura durante la fioritura dei meli, ndt.), pubblicata sulla rivista scientifica <a href="https://www.frontiersin.org/journals/physiology" rel="noopener noreferrer" style="background-color: transparent; box-sizing: border-box; color: #2196f3; cursor: pointer; margin: 0px; outline: none; padding: 0px; text-decoration-line: none; transition: color 0.3s ease 0s;" target="_blank"><em style="box-sizing: border-box; margin: 0px; outline: none; padding: 0px;">Frontiers in Phisiology</em></a> – consiste nel fatto che per la prima volta restituisce una <span style="box-sizing: border-box; font-weight: 700; margin: 0px; outline: none; padding: 0px;">fotografia fedele della dispersione dei pesticidi</span> nello spazio in cui si muovono le api.</p><div class="adv1" id="" style="background-color: white; box-sizing: border-box; color: #313131; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 18px; margin: 0px auto; outline: none; padding: 0px; text-align: center;"></div><h3 style="background-color: white; box-sizing: border-box; color: #313131; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 20px; line-height: 1.3em; margin: 0px 0px 17px; outline: none; padding: 0px;"><span style="box-sizing: border-box; margin: 0px; outline: none; padding: 0px;">L’innovatività del processo di analisi</span></h3><p style="background-color: white; box-sizing: border-box; color: #313131; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 18px; line-height: 1.8; margin: 0px 0px 17px; outline: none; padding: 0px;">La metodologia utilizzata per la ricerca è <span style="box-sizing: border-box; font-weight: 700; margin: 0px; outline: none; padding: 0px;">basata sul colore del polline</span>: è questa caratteristica che permette di determinare con certezza fino a dove si spinge la contaminazione da antiparassitari. “L<em style="box-sizing: border-box; margin: 0px; outline: none; padding: 0px;">’ape normalmente raccoglie polline da circa 150 fiori ma è fedele alle piante che visita durante il medesimo volo, ovvero va sempre a bottinare piante della medesima specie. Noi, suddividendo il polline raccolto dalle singole api di in base al colore, capiamo su quale tipo di pianta si è posata l’ape per recuperare il nutrimento. Successivamente andiamo a verificare se quel determinato polline è contaminato da prodotti chimici e da quali</em>”, spiega Sergio Angeli che è al <span style="box-sizing: border-box; font-weight: 700; margin: 0px; outline: none; padding: 0px;">quarto posto al mondo per citazioni</span> su <a href="https://scholar.google.com/citations?view_op=search_authors&hl=it&mauthors=label:honeybees" rel="noopener noreferrer" style="background-color: transparent; box-sizing: border-box; color: #2196f3; cursor: pointer; margin: 0px; outline: none; padding: 0px; text-decoration-line: none; transition: color 0.3s ease 0s;" target="_blank">Google Scholar</a> nel settore della ricerca sulle api mellifere.</p><div class="adv2" id="" style="background-color: white; box-sizing: border-box; color: #313131; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 18px; margin: 0px auto; outline: none; padding: 0px; text-align: center;"></div><p style="background-color: white; box-sizing: border-box; color: #313131; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 18px; line-height: 1.8; margin: 0px 0px 17px; outline: none; padding: 0px;">La ricerca è stata possibile grazie alla collaborazione degli apicoltori altoatesini e trentini che hanno messo a disposizione gli apiari. All’interno di questi sono state istallate <span style="box-sizing: border-box; font-weight: 700; margin: 0px; outline: none; padding: 0px;">trappole polliniche</span>, griglie di plastica con fori di un diametro molto ristretto. Quando l’ape li attraversa, strusciandosi contro le pareti del foro perde le pallottole di polline raccolto durante la bottinatura. Quello che rimane nella trappola durante una giornata di bottinatura, può essere raccolto dai ricercatori ed utilizzato per effettuare l’analisi chimica e palinologica (determinazione dell’origine botanica del polline).</p><p style="background-color: white; box-sizing: border-box; color: #313131; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 18px; line-height: 1.8; margin: 0px 0px 17px; outline: none; padding: 0px;">In precedenza, l’analisi del polline era svolta in maniera indifferenziata. Tutto il polline raccolto veniva prima macinato insieme e poi esaminato. Per individuarne l’origine botanica, i due entomologi hanno invece <span style="box-sizing: border-box; font-weight: 700; margin: 0px; outline: none; padding: 0px;">suddiviso i campioni di polline in tre sottogruppi</span>, a seconda della gradazione di colore: uno di colore verde chiaro, del melo; un secondo arancio, del tarassaco (tipica pianta dei meleti); il terzo rappresenta il residuo, ovvero quello che rimane tolti i primi due colori e che non può essere caratterizzato.</p><h3 style="background-color: white; box-sizing: border-box; color: #313131; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 20px; line-height: 1.3em; margin: 0px 0px 17px; outline: none; padding: 0px;"><span style="box-sizing: border-box; margin: 0px; outline: none; padding: 0px;">L’analisi dei campioni illumina l’effetto deriva</span></h3><p style="background-color: white; box-sizing: border-box; color: #313131; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 18px; line-height: 1.8; margin: 0px 0px 17px; outline: none; padding: 0px;">Valori di tossicità particolarmente elevati nel polline di tarassaco sono stati trovati durante la fioritura del melo nei campioni raccolti a Tirolo e Laives, mentre nel post fioritura in quelli di Malè, Croviana e Tirolo. Sorprendentemente, i pollini provenienti da piante erbacee ed arboree selvatiche o urbane al di fuori dei meleti hanno valori di tossicità pari ed indistinguibili dai pollini di melo e tarassaco raccolti nei meleti, suggerendo una deriva dei fitofarmaci nei territori circostanti.</p><p style="background-color: white; box-sizing: border-box; color: #313131; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 18px; line-height: 1.8; margin: 0px 0px 17px; outline: none; padding: 0px;">Per calcolare il potenziale effetto tossicologico sulle api adulte dei residui di prodotti chimici contenuti nel polline i ricercatori hanno calcolato un <span style="box-sizing: border-box; font-weight: 700; margin: 0px; outline: none; padding: 0px;">quoziente di rischio per il polline</span>, il <em style="box-sizing: border-box; margin: 0px; outline: none; padding: 0px;">Pollen Hazard Quotient</em>. Questo numero combina la concentrazione con la letalità dei residui di pesticidi come il Phosmet, molto nocivo per le api, o altri come il Flonicamid o l’Imidacloprid. In alcuni campioni questa presenza è preoccupante, fino a 1,6 volte la DL50 ovvero la dose che somministrata una sola volta è in grado di provocare la morte del 50% del gruppo di apidi riferimento entro 24 ore.</p><h3 style="background-color: white; box-sizing: border-box; color: #313131; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 20px; line-height: 1.3em; margin: 0px 0px 17px; outline: none; padding: 0px;"><span style="box-sizing: border-box; margin: 0px; outline: none; padding: 0px;">Biomonitoraggio della qualità ambientale attraverso l’analisi del polline</span></h3><p style="background-color: white; box-sizing: border-box; color: #313131; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 18px; line-height: 1.8; margin: 0px 0px 17px; outline: none; padding: 0px;">Permettere la minimizzazione degli effetti negativi degli antiparassitari sull’ecosistema rappresenta <span style="box-sizing: border-box; font-weight: 700; margin: 0px; outline: none; padding: 0px;">una delle maggiori sfide</span> con cui deve confrontarsi un’agricoltura avanzata improntata al principio della sostenibilità ambientale. Per arrivarci, si potrebbe, in futuro intensificare questo genere di campionamenti e verificare se nelle zone sottoposte a coltivazione biologica questi dati si riducano.</p><p style="background-color: white; box-sizing: border-box; color: #313131; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 18px; line-height: 1.8; margin: 0px 0px 17px; outline: none; padding: 0px;">“<em style="box-sizing: border-box; margin: 0px; outline: none; padding: 0px;">Questo lavoro di ricerca fondamentalmente apre la possibilità di sfruttare l’analisi del polline per effettuare il biomonitoraggio della qualità ambientale</em>”, conclude Angeli, <em style="box-sizing: border-box; margin: 0px; outline: none; padding: 0px;">“Il procedimento adottato ci aiuta infatti a capire quale parte del paesaggio che ci circonda è più soggetta all’azione dei pesticidi e a inquadrare meglio l’effetto deriva – ovvero la loro dispersione oltre l’obiettivo – comune in agricoltura e viticoltura e a salvaguardare la salute delle api, degli altri impollinatori, e di tutti gli insetti, base stessa dell’ecosistema</em>”.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhjGQJu6UYhV4Xc82Y9g31c006svNKJUPhFAOHpOaVblAs3qwPh9yOXfcwfKa8bJWSTrUk22uuqnV7eJ85t8g2u8_RLCunU8A0IjD85l_Awr7j2PEmPGgC_TdWukU_8hPsBy7CF7osnmtwj/s564/ape.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="423" data-original-width="564" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhjGQJu6UYhV4Xc82Y9g31c006svNKJUPhFAOHpOaVblAs3qwPh9yOXfcwfKa8bJWSTrUk22uuqnV7eJ85t8g2u8_RLCunU8A0IjD85l_Awr7j2PEmPGgC_TdWukU_8hPsBy7CF7osnmtwj/s0/ape.jpg" /></a></div><p></p>Guglielmohttp://www.blogger.com/profile/18391777963114840422noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8131702325084180059.post-32595210538047262052020-04-22T01:16:00.002-07:002020-04-22T01:16:47.886-07:00Ruolo ecologico di Apis mellifera e relazione tra alveare e ambiente<div style="background-color: white; border: 0px none; box-sizing: border-box; color: #333333; font-family: "Droid Sans"; font-size: 13px; list-style: none; margin-bottom: 20px; outline: none; padding: 0px; text-align: justify;">
da <a href="http://www.apicoltoremoderno.it/apis-mellifera-alveare-ambiente/">http://www.apicoltoremoderno.it/apis-mellifera-alveare-ambiente/</a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEisuWaqvaQiAd3XD9qW6JIy0ZB_UTxdfYjXrapcSTsGrC2KPESng5GGMnLeZzdQRdzwzyUrroMGsyErJkOzMU7uLHJZ84bhyQgWyHdAs5cS-UcvYRAbJSGYGgSx7MSoZlHj1x9jgs2eiqgU/s1600/ape_ciliegio.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="330" data-original-width="660" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEisuWaqvaQiAd3XD9qW6JIy0ZB_UTxdfYjXrapcSTsGrC2KPESng5GGMnLeZzdQRdzwzyUrroMGsyErJkOzMU7uLHJZ84bhyQgWyHdAs5cS-UcvYRAbJSGYGgSx7MSoZlHj1x9jgs2eiqgU/s640/ape_ciliegio.jpg" width="640" /></a></div>
<div style="background-color: white; border: 0px none; box-sizing: border-box; color: #333333; font-family: "Droid Sans"; font-size: 13px; list-style: none; margin-bottom: 20px; outline: none; padding: 0px; text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="background-color: white; border: 0px none; box-sizing: border-box; color: #333333; font-family: "Droid Sans"; font-size: 13px; list-style: none; margin-bottom: 20px; outline: none; padding: 0px; text-align: justify;">
Quando pensiamo alle api ci viene oggi spontaneo pensare all’apicoltura con arnie a favo mobile, alla produzione di miele oppure alle varie problematiche che oggi l’apicoltura attraversa e che vengono spesso definite come “declino delle api”. In realtà l’ape mellifera non è un animale domestico e l’apicoltura è solo un aspetto del meraviglioso mondo delle api.</div>
<div style="background-color: white; border: 0px none; box-sizing: border-box; color: #333333; font-family: "Droid Sans"; font-size: 13px; list-style: none; margin-bottom: 20px; outline: none; padding: 0px; text-align: justify;">
<a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Apis_mellifera" style="border: 0px none; box-sizing: border-box; color: blue; list-style: none; margin: 0px; outline: none; padding: 0px; text-decoration-line: none; transition: all 0.2s ease-in-out 0s;">Apis mellifera</a> è un insetto autoctono in gran parte dell’Europa, dell’Africa e del Medio Oriente e come organismo “selvatico” riveste un ruolo di primaria importanza nella conservazione della biodiversità vegetale e quindi degli ecosistemi in genere. Questo ruolo deriva dal fatto che questo apoideo è all’apice di un processo evolutivo, anzi, di coevoluzione, che a partire da oltre <a href="http://www.apicoltoremoderno.it/matematica-nell-alveare/" style="border: 0px none; box-sizing: border-box; color: blue; list-style: none; margin: 0px; outline: none; padding: 0px; text-decoration-line: none; transition: all 0.2s ease-in-out 0s;">100 milioni di anni</a> fa ha visto una convergenza tra alcune piante, le fanerogame, e un gruppo di insetti che si sono via via specializzati nell’utilizzare per la propria sussistenza quanto queste piante offrono loro restituendo in cambio un infallibile e capillare servizio di impollinazione. Questo processo di coevoluzione ha portato alla comparsa di un piccolo gruppo di specie, il genere Apis, che hanno raggiunto livelli evolutivi diversi. A differenza di gran parte degli altri apoidei, le specie del genere Apis sono tutte sociali e le loro colonie, di dimensioni varie, sono durevoli. Il “segreto” del loro successo risiede nella secrezione della cera, un materiale plastico e impermeabile che le api secernono per costruire i loro favi che quindi sono adatti a conservare il miele anche per anni. Ma l’apicoltura come la conosciamo oggi è nata solo in relazione all’Apis mellifera, perché le sue caratteristiche biologiche ed etologiche consentono facilmente il suo “sfruttamento” da parte dell’uomo a fini produttivi. Gli aspetti biologici dell’ape mellifera che hanno reso “facile” la nascita dell’apicoltura sono:</div>
<ol style="background-color: white; border: 0px none; box-sizing: border-box; color: #333333; font-family: "Droid Sans"; font-size: 13px; list-style: none; margin: 0px 0px 20px 15px; outline: none; padding: 0px;">
<li style="border: 0px none; box-sizing: border-box; list-style: outside decimal; margin: 0px 0px 5px; outline: none; padding: 0px;">Formazione di grosse colonie durevoli (oltre 50.000 individui in primavera-estate)</li>
<li style="border: 0px none; box-sizing: border-box; list-style: outside decimal; margin: 0px 0px 5px; outline: none; padding: 0px;">Raccolta di enormi quantità di nettare e stoccaggio di moltissimo miele</li>
<li style="border: 0px none; box-sizing: border-box; list-style: outside decimal; margin: 0px 0px 5px; outline: none; padding: 0px;">Nidificazione entro cavità (di volume paragonabile ad una cesta, un otre o altri recipienti)</li>
<li style="border: 0px none; box-sizing: border-box; list-style: outside decimal; margin: 0px 0px 5px; outline: none; padding: 0px;">Timore del fumo</li>
<li style="border: 0px none; box-sizing: border-box; list-style: outside decimal; margin: 0px 0px 5px; outline: none; padding: 0px;">Riproduzione delle colonie per sciamatura solo in determinati periodi dell’anno</li>
<li style="border: 0px none; box-sizing: border-box; list-style: outside decimal; margin: 0px 0px 5px; outline: none; padding: 0px;">Stazionamento temporaneo degli sciami a pochi metri dalla colonia originaria</li>
</ol>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgXj-SMlB0dXJIXuXB9aCm-11Ypi8K0u4qRky7bGtihfQT6TuwW8x3dJG9LyhIK8aYXb73AP1lgZz6AJ3XxDVFFeAHHBC69iNwS03XFw5IRAwEaYT9iPsTlHL5fMQbYlkB9QFZ1OhHxbOF1/s1600/Picco-demografico-in-tre-sottospecie-di-ape-mellifera.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="544" data-original-width="885" height="392" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgXj-SMlB0dXJIXuXB9aCm-11Ypi8K0u4qRky7bGtihfQT6TuwW8x3dJG9LyhIK8aYXb73AP1lgZz6AJ3XxDVFFeAHHBC69iNwS03XFw5IRAwEaYT9iPsTlHL5fMQbYlkB9QFZ1OhHxbOF1/s640/Picco-demografico-in-tre-sottospecie-di-ape-mellifera.jpg" width="640" /></a></div>
<div>
<br /></div>
<div>
<div style="background-color: white; border: 0px none; box-sizing: border-box; color: #333333; font-family: "Droid Sans"; font-size: 13px; list-style: none; margin-bottom: 20px; outline: none; padding: 0px; text-align: justify;">
Queste caratteristiche derivano in parte anche da un perfetto adattamento all’ambiente. Infatti, l’Apis cerana, specie asiatica molto affine alla nostra ape mellifera, vivendo in aree a clima e vegetazione tropicale o subtropicale, ha una forte inclinazione alla sciamatura, non essendo costretta a limitarla (almeno a scopo riproduttivo e dispersivo) a quei limitati periodi della stagione in cui ci sia una grande disponibilità di risorse alimentari.</div>
<div style="background-color: white; border: 0px none; box-sizing: border-box; color: #333333; font-family: "Droid Sans"; font-size: 13px; list-style: none; margin-bottom: 20px; outline: none; padding: 0px; text-align: justify;">
L’ape mellifera invece, e specialmente le popolazioni europee e del bacino del mediterraneo, dopo la sciamatura deve riuscire a costituire colonie sufficientemente popolose e ben fornite di scorte di miele per superare periodi avversi come gli inverni freddi o le estati aride.</div>
<div style="background-color: white; border: 0px none; box-sizing: border-box; color: #333333; font-family: "Droid Sans"; font-size: 13px; list-style: none; margin-bottom: 20px; outline: none; padding: 0px; text-align: justify;">
L’ape mellifera quindi ha imboccato un percorso evolutivo che prevede la formazione di grosse colonie, ben sincronizzate con le caratteristiche climatiche e vegetazionali locali, che perciò sono costrette a raccogliere enormi quantità di nettare o melata, per costituire le ingenti scorte necessarie alla loro sopravvivenza durante i periodi avversi. Ma il problema fondamentale per queste grosse colonie deriva proprio dal ciclo biologico ed etologico dei singoli individui e specialmente delle api bottinatrici. Queste api necessitano 20-21 giorni di sviluppo da uovo ad insetto adulto e altri 20 giorni circa di attività all’interno dell’alveare per essere “sfruttate” a pieno per le loro secrezioni (gelatina reale e cera) e per compiere la loro preparazione alla vita esterna. Una colonia di ape mellifera deve intraprendere quindi l’allevamento di una massa ingente di covata almeno 40 giorni prima di un importante flusso alimentare. Ma non sempre le cose vanno come previsto e se al momento dell’ingente fioritura le condizioni atmosferiche fossero non compatibili con l’attività di foraggiamento, le colonie dovrebbero poter continuare ad allevare molta covata nell’attesa di altre risorse alimentari. Per questo motivo, le grosse colonie di ape mellifera devono ogni anno immagazzinare molto più miele di quanto non serva per una normale annata. Da questa necessità di raccogliere un enorme surplus di scorte trae origine l’apicoltura e probabilmente proprio per questa attitudine al “risparmio” l’alveare e le api sono state elette come simbolo dei primi istituti bancari.</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjhM_fVoF4W_zNPWGivfadG1cfIkR-oipg86DZ85TzVYT5cHrWCMZ911vg5xyBFYCvHMRSkB369eYMhQcFhOejV97hEsFodpyaMYX9VsHSH4dg-9-U9EvRb1mbHFEoXING7mtCqSxnyx4Hc/s1600/Sviluppo-demografico-di-una-colonia-di-api-in-relazione-allambiente-organico-e-fisico..jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="675" data-original-width="848" height="508" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjhM_fVoF4W_zNPWGivfadG1cfIkR-oipg86DZ85TzVYT5cHrWCMZ911vg5xyBFYCvHMRSkB369eYMhQcFhOejV97hEsFodpyaMYX9VsHSH4dg-9-U9EvRb1mbHFEoXING7mtCqSxnyx4Hc/s640/Sviluppo-demografico-di-una-colonia-di-api-in-relazione-allambiente-organico-e-fisico..jpg" width="640" /></a></div>
<div style="background-color: white; border: 0px none; box-sizing: border-box; color: #333333; font-family: "Droid Sans"; font-size: 13px; list-style: none; margin-bottom: 20px; outline: none; padding: 0px; text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="background-color: white; border: 0px none; box-sizing: border-box; color: #333333; font-family: "Droid Sans"; font-size: 13px; list-style: none; margin-bottom: 20px; outline: none; padding: 0px; text-align: justify;">
Da questa lettura, forse semplicistica, della biologia dell’ape mellifera si può comprendere come il superorganismo alveare debba essere sincronizzato al massimo con l’ambiente in cui vive. Questa sincronizzazione, che porta alla formazione degli “ecotipi” locali, determina sia l’andamento stagionale che l’entità dello sviluppo demografico delle colonie. Per questo motivo, originariamente, le diverse sottospecie dell’Apis mellifera (e i diversi ecotipi locali, erano caratterizzate ad esempio da diversa propensione alla sciamatura, diversa popolosità delle colonie sia durante la buona stagione che nei periodi di stasi, diversa produttività, aggressività, densità di insediamento delle colonie e raggio di bottinatura. Queste sono le conclusioni che possiamo trarre:</div>
<ol style="background-color: white; border: 0px none; box-sizing: border-box; color: #333333; font-family: "Droid Sans"; font-size: 13px; list-style: none; margin: 0px 0px 20px 15px; outline: none; padding: 0px;">
<li style="border: 0px none; box-sizing: border-box; list-style: outside decimal; margin: 0px 0px 5px; outline: none; padding: 0px;">Le api si sono evolute assieme ai fiori da cui ricavano il cibo e che provvedono a impollinare</li>
<li style="border: 0px none; box-sizing: border-box; list-style: outside decimal; margin: 0px 0px 5px; outline: none; padding: 0px;">Queste colonie sono durevoli grazie alla cera di cui sono fatti i favi</li>
<li style="border: 0px none; box-sizing: border-box; list-style: outside decimal; margin: 0px 0px 5px; outline: none; padding: 0px;">Il percorso evolutivo ha portato le api mellifere a costituire enormi colonie</li>
<li style="border: 0px none; box-sizing: border-box; list-style: outside decimal; margin: 0px 0px 5px; outline: none; padding: 0px;">La necessità per le api mellifere di immagazzinare grandi scorte di miele ha determinato la nascita dell’apicoltura</li>
<li style="border: 0px none; box-sizing: border-box; list-style: outside decimal; margin: 0px 0px 5px; outline: none; padding: 0px;">Le api mellifere sono organismi selvatici e sono i più importanti impollinatori della nostra flora spontanea</li>
<li style="border: 0px none; box-sizing: border-box; list-style: outside decimal; margin: 0px 0px 5px; outline: none; padding: 0px;">Il susseguirsi delle fioriture e delle altre disponibilità alimentari di un dato ambiente, sono alla base dell’andamento demografico delle colonie</li>
<li style="border: 0px none; box-sizing: border-box; list-style: outside decimal; margin: 0px 0px 5px; outline: none; padding: 0px;">Il sostentamento di queste colonie prevede un elevato sincronismo con l’ambiente sia da un punto di vista climatico che floristico</li>
<li style="border: 0px none; box-sizing: border-box; list-style: outside decimal; margin: 0px 0px 5px; outline: none; padding: 0px;">Questo sincronismo api-ambiente necessita di tempi lunghi e produce i cosiddetti ecotipi.</li>
</ol>
<div style="background-color: white; border: 0px none; box-sizing: border-box; color: #333333; font-family: "Droid Sans"; font-size: 13px; list-style: none; margin-bottom: 20px; outline: none; padding: 0px; text-align: justify;">
Da queste conclusioni potremmo sviluppare ragionamenti diversi a seconda che si voglia valutare, tutelare o potenziare il ruolo ecologico dell’ape mellifera oppure per indagare anche in tal senso le cause delle gravi difficoltà che oggi l’apicoltura incontra come attività produttiva. Tuttavia oggi le due grandi questioni legate all’ape mellifera non sono più scindibili. Con l’avvento della Varroa le colonie “selvatiche” di ape mellifera sono pressoché scomparse in gran parte del suo areale originario e le uniche api presenti sono quelle gestite dagli apicoltori. Per questo motivo una visione globale del “problema api” è quanto mai urgente, sia per gravissimi e urgenti ragioni ambientali ma anche per riconsiderare in modo più naturale l’antichissima e nobilissima arte dell’apicoltura. L’apicoltura interagisce totalmente con l’ambiente, da cui riceve tutto quanto produce e a cui non deve dimenticarsi di restituire quel servizio di impollinazione, soprattutto verso la flora spontanea, che è alla base della conservazione degli equilibri ecologici grazie ai quali anche la specie Homo sapiens può sopravvivere e prosperare.</div>
<div style="background-color: white; border: 0px none; box-sizing: border-box; color: #333333; font-family: "Droid Sans"; font-size: 13px; list-style: none; margin-bottom: 20px; outline: none; padding: 0px;">
Paolo Fontana: paolo_api.fontana@fmach.it</div>
<div style="background-color: white; border: 0px none; box-sizing: border-box; color: #333333; font-family: "Droid Sans"; font-size: 13px; list-style: none; margin-bottom: 20px; outline: none; padding: 0px; text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="background-color: white; border: 0px none; box-sizing: border-box; color: #333333; font-family: "Droid Sans"; font-size: 13px; list-style: none; margin-bottom: 20px; outline: none; padding: 0px; text-align: justify;">
<br /></div>
</div>
Guglielmohttp://www.blogger.com/profile/18391777963114840422noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8131702325084180059.post-53416274725127597822019-09-03T05:47:00.003-07:002019-09-03T05:47:45.872-07:00 Le api sono la specie più importante del Pianeta. E a causa nostra si stanno estinguendo. DI Silvia Granziero 2 Settembre 2019<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi2PK-8_a4Kl0DNTliqxgO9jqVrW9Lg6PcF_MamYQjileByZwRROpE2hZ4-yH2bwU00E4DXBgelguarFK_HCGT9UeQryKSkGPV0qQomxEo1iG3kCjUJOF2VwuPU9BeRr5BkT6kISOGanjMF/s1600/GettyImages-949613634.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="683" data-original-width="1024" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi2PK-8_a4Kl0DNTliqxgO9jqVrW9Lg6PcF_MamYQjileByZwRROpE2hZ4-yH2bwU00E4DXBgelguarFK_HCGT9UeQryKSkGPV0qQomxEo1iG3kCjUJOF2VwuPU9BeRr5BkT6kISOGanjMF/s640/GettyImages-949613634.jpg" width="640" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiiv_rYYwsxLo8hsA9KWxoF-Htw5ZPkpRqZA5xVZcsV_e-YFvqKhv3WajSdKLr6E8yPVBjLslGuxx3lTjs4_kSlApa0sijch4szTo-E6coT8X5dJ4H6ARpXIvIdu5cVV1Dy14s7l-480os0/s1600/damien-tupinier-i3Y1hkTMmNA-unsplash-1200x800.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="800" data-original-width="1200" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiiv_rYYwsxLo8hsA9KWxoF-Htw5ZPkpRqZA5xVZcsV_e-YFvqKhv3WajSdKLr6E8yPVBjLslGuxx3lTjs4_kSlApa0sijch4szTo-E6coT8X5dJ4H6ARpXIvIdu5cVV1Dy14s7l-480os0/s640/damien-tupinier-i3Y1hkTMmNA-unsplash-1200x800.jpg" width="640" /> </a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="article-text">
Qualche anno fa, in occasione di un dibattito di<a href="https://earthwatch.org.uk/live"> Earthwatch</a>, le api sbaragliarono nell’<a href="https://www.theguardian.com/environment/blog/2008/nov/21/wildlife-endangeredspecies">opinione</a>
degli spettatori le altre specie animali e vegetali – i funghi, il
plankton, i pipistrelli e persino le scimmie – in lizza per ricevere un
ideale, quanto fittizio, sostegno di mille miliardi di sterline per la
loro conservazione. <a href="https://theconversation.com/honeybee-decline-warrants-concern-but-not-panic-5707">Secondo Saul Cunningham</a>, ricercatore dell’Australian National University di Canberra, l’ape mellifera europea (<i>apis mellifera</i>),
con la sua capacità di diffusione e adattamento a tanti ambienti
diversi, è infatti tra le poche “super-specie” esistenti, in termini di
successo evolutivo e di impatto sulle attività umane. Le api sono forse
la specie più importante per la vita del Pianeta, se è possibile
individuarne una, e noi le stiamo uccidendo.<br />
Se il trend attuale non cambia le proiezioni prevedono l’estinzione del<a href="https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0006320718313636"> 40%</a> degli insetti entro qualche decina di anni. Nei primi anni Duemila gli apicoltori statunitensi<a href="https://theconversation.com/ten-years-after-the-crisis-what-is-happening-to-the-worlds-bees-77164"> lanciarono l’allarme</a> dello svuotamento delle loro arnie e gli agricoltori<a href="https://www.theguardian.com/commentisfree/2008/aug/14/conservation.pollution"> avvertirono</a>
il Congresso della necessità di ridurre l’estensione delle loro
coltivazioni, a causa della moria delle impollinatrici: le api
continuavano a diminuire, non solo negli Stati Uniti (dove si registrano
perdite di api mellifere del<a href="https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S2214574515000541"> 30% annuo</a>, con picchi<a href="https://www.thegazette.com/2014/03/23/winter-stings-iowas-honey-bee-population-2"> fino al 70%</a> in alcuni stati, come in Iowa nel 2014), ma in tutto il mondo. Si iniziò allora a parlare di <i>Colony Collapse Disorder</i>, un crollo drammatico che oggi fa registrare ogni anno perdite oltre la soglia di allarme, fissata<a href="https://theconversation.com/ten-years-after-the-crisis-what-is-happening-to-the-worlds-bees-77164"> al 15%</a>
di una colonia, cifra sotto a cui i decessi non hanno grosse
conseguenze. In Europa e in Australia va leggermente meglio, ma non
possiamo stare tranquilli, senza contare che, se la morte delle api
domestiche può essere misurata, è più difficile raccogliere i dati
relativi alle api selvatiche, non meno importanti.<br />
<br />
<img alt="" class="size-full wp-image-78812" height="683" src="https://thevision.com/wp-content/uploads/2019/08/GettyImages-1167208370.jpg" width="1024" /><br />
<form class="mc4wp-form mc4wp-form-13249 mc4wp-form-submitted mc4wp-form-success" data-id="13249" data-name="thevision" id="mc4wp-form-1" method="post">
<div class="mc4wp-response">
<div class="mc4wp-alert mc4wp-success">
<br />
</div>
</div>
</form>
Le circa<a href="https://theconversation.com/losing-bees-will-sting-more-than-just-our-taste-for-honey-42765"> 25mila</a>
specie diverse di api sono minacciate da un insieme di fattori, la
maggior parte dei quali provocata dall’uomo. Il lavoro delle api è<a href="https://theconversation.com/ten-years-after-the-crisis-what-is-happening-to-the-worlds-bees-77164"> molto dispendioso</a>
in termini di energia fisica per affrontare lunghi voli ed energia
mentale che coinvolge una serie di abilità tra cui i sensi, la
cognizione spaziale, l’apprendimento e la memoria; qualsiasi fattore
interferisca con queste abilità impedisce alle api di raccogliere il
cibo e tornare all’alveare e quindi, indirettamente, le uccide.
Inquinamento da diesel e pesticidi neonicotinoidi sono i principali tra i
fattori che interferiscono con le comunicazioni chimiche cerebrali
delle api; gli scienziati hanno<a href="https://www.globalresearch.ca/death-and-extinction-of-the-bees/5375684"> lanciato l’allarme</a>
anche riguardo all’agricoltura industriale e alle responsabilità di
colossi come Monsanto, che, con le sostanze dannose che commercializza,
interferisce con l’alimentazione delle api, indebolendole. Anche il
cambiamento climatico colpisce su diversi piani: tanto il clima troppo
umido con piogge violente quanto la siccità, infatti, possono uccidere
gli insetti per fame o per sete, facendo seccare o distruggendo le
piante che sono la loro unica fonte di sopravvivenza. Le ondate di
calore, poi, possono ucciderli direttamente o far sciogliere alveari e
arnie . A dare il colpo finale intervengono poi altri insetti come la<a href="https://beeaware.org.au/archive-pest/varroa-mites/"> <i>Varroa destructor </i></a>, parassita che interferisce con lo sviluppo cerebrale delle api.<br />
<br />
Quanto alle sostanze chimiche dannose, in Italia siamo relativamente
fortunati dato che a livello europeo i nostri prodotti alimentari sono
tra quelli con<a href="http://www.ansa.it/europa/notizie/agri_ue/ambiente/2019/06/28/pesticidi-efsa-in-italia-solo-25-campioni-fuori-legge_b472853d-946f-4298-aee9-0be73fef6009.html"> meno residui di pesticidi</a>.
Ma questo non deve farci abbassare la guardia: sono diverse le ragioni
per cui lo scenario attuale deve allarmarci e dovremmo impegnarci di più
per salvare gli imenotteri, non solo perché ci piace il miele. Sono
circa<a href="https://www.theguardian.com/environment/blog/2008/nov/21/wildlife-endangeredspecies"> 250mila le specie</a> vegetali impollinate dalle api, e di queste molte sono coltivate dall’uomo: gli imenotteri impollinano, infatti,<a href="https://www.theguardian.com/commentisfree/2008/aug/14/conservation.pollution"> un terzo</a> di tutti i vegetali che mangiamo e<a href="https://royalsocietypublishing.org/doi/full/10.1098/rspb.2006.3721?sid=9c250651-f7f6-4e8a-9e80-e1b54afeecc3"> tre quarti</a> delle coltivazioni esistenti ricevono in qualche modo benefici da questi insetti. Il<a href="https://royalsocietypublishing.org/doi/full/10.1098/rspb.2006.3721?sid=9c250651-f7f6-4e8a-9e80-e1b54afeecc3&"> 35%</a> delle colture dipende quindi da specie come le api, che contribuiscono, inoltre, a far aumentare del<a href="https://www.theguardian.com/environment/blog/2008/nov/21/wildlife-endangeredspecies"> 30%</a> circa le rese di ben<a href="https://www.theguardian.com/environment/blog/2008/nov/21/wildlife-endangeredspecies"> 90</a>
colture. Frutta come mele, pere, kiwi, castagne, ciliegie, albicocche,
susine, meloni e cocomeri e ortaggi come pomodori, zucchine, soia,
aglio, carote, cavoli e cipolle dipendono del tutto o in parte dalla
loro impollinazione. Sono dati notevoli, importanti, specialmente per un
mondo alle prese con la grande sfida di riuscire a nutrire la sua
popolazione in continua crescita senza collassare.<br />
Per la loro sparizione non soffrirebbe solo la nostra alimentazione,
ma anche quella di molte specie animali, a partire da quelle che si
nutrono di bacche e frutti e dai loro predatori, con un effetto a
cascata su tutta la catena alimentare. Per l’uomo, poi, anche altri
comparti subirebbero un duro colpo, tra cui la<a href="https://www.theguardian.com/environment/blog/2008/nov/21/wildlife-endangeredspecies"> coltura del cotone</a>. E naturalmente c’è anche<span class="Apple-converted-space"> </span>il problema della perdita di posti di lavoro nel settore dell’apicoltura: con<a href="https://www.ilsole24ore.com/art/le-api-sentinelle-qualita-dell-aria-tutta-italia-AEoABisB"> 250mila tonnellate</a> annue di miele, di cui<a href="https://www.ilsole24ore.com/art/le-api-sentinelle-qualita-dell-aria-tutta-italia-AEoABisB"> 23mila</a> provenienti dall’Italia, l’Europa è il<a href="https://www.ilsole24ore.com/art/le-api-sentinelle-qualita-dell-aria-tutta-italia-AEoABisB"> secondo produttore</a> mondiale di miele dopo la Cina. Il nostro Paese è il<a href="https://www.ilsole24ore.com/art/le-api-sentinelle-qualita-dell-aria-tutta-italia-AEoABisB"> maggiore produttore</a>
europeo di miele biologico, un settore in crescita in cui l’offerta non
riesce a soddisfare la domanda, in aumento nelle nicchie di alta
qualità, anche perché in Italia consumiamo<a href="https://www.ilsole24ore.com/art/le-api-sentinelle-qualita-dell-aria-tutta-italia-AEoABisB"> l’85%</a>
del miele che produciamo. Dalle carestie alla mancanza di caffè e
cacao, all’aumento a dismisura dei prezzi di frutta, verdura e fibre
vegetali per l’abbigliamento, lo scenario di un mondo senza api si
prospetta catastrofico.<br />
<br />
<br />
Proprio la Cina, a causa dell’uso massiccio dei pesticidi, deve
affrontare lo sterminio della quasi totalità delle api. Per far fronte
alla situazione, grave soprattutto per gli effetti sulle coltivazioni di
pere e mele nel sud del Paese, sono stati arruolate persone per
svolgere l’impollinazione, ma la precisione e la delicatezza di un’ape
non possono essere facilmente riprodotte. Non è poi secondario il
problema dei costi, dato che il valore economico dell’impollinazione
degli insetti è stimato ad esempio oltre<a href="https://www.chinadialogue.net/article/show/single/en/5193-Decline-of-bees-forces-China-s-apple-farmers-to-pollinate-by-hand"> 14 miliardi di dollari</a> negli Usa e<a href="https://www.chinadialogue.net/article/show/single/en/5193-Decline-of-bees-forces-China-s-apple-farmers-to-pollinate-by-hand"> 440 milioni di sterline</a>
all’anno in Regno Unito. L’impollinazione a mano è quindi possibile
solo per le coltivazioni più preziose e redditizie, anche perché non ci
sono persone sufficienti a fare da impollinatori. Altrove, per esempio <a href="https://www.rbth.com/science-and-tech/329025-russian-robo-bees">al Politecnico Tomsk in Russia</a> e<a href="https://www.newscientist.com/article/2120832-robotic-bee-could-help-pollinate-crops-as-real-bees-decline/"> all’Istituto Nazionale per la Scienza e la Tecnologia Industriale Avanzata in Giappone</a>,
sono state sviluppate delle api robot, piccoli droni con crini di
cavallo incollati sul “ventre” per impollinare delicatamente le colture.
Ci sono però dei problemi: innanzitutto, spesso i droni possono essere
impiegati solo nelle serre e poi c’è chi,<a href="https://interestingengineering.com/scientists-worldwide-rush-to-develop-robo-bees"> come Saul Cunningham</a>, sottolinea che nemmeno questo metodo è economicamente sostenibile su grandi estensioni.<br />
Già da qualche anno,<a href="https://www.ilsole24ore.com/art/la-ue-decide-salvare-api-stop-all-utilizzo-pesticidi-neonicotinoidi-AEs54IgE"> l’Unione Europea ha vietato</a>
l’impiego (applicabile dalla fine dell’anno scorso) di tre tipologie di
pesticidi neonicotinoidi. La decisione, votata favorevolmente dalla
maggior parte dei Paesi membri, è arrivata a seguito dei pareri espressi
dall’Efsa sulla pericolosità dei neonicotinoidi nei confronti degli
insetti e in particolare delle api. Le criticità rimangono, come<a href="https://www.ilsole24ore.com/art/la-ue-decide-salvare-api-stop-all-utilizzo-pesticidi-neonicotinoidi-AEs54IgE"> fa notare Coldiretti</a>:
i divieti devono essere estesi anche alle colture in serra, dove per
ora non vigono, e vanno applicati anche alle importazioni: ad esempio,
buona parte del miele consumato in Italia arriva dalla Cina e, venduto
in Europa a 1 euro al chilo, sta minando i mercati locali e mettendo a
rischio anche la produzione italiana, che conta su un numero tra <a href="https://www.ilsole24ore.com/art/le-api-sentinelle-qualita-dell-aria-tutta-italia-AEoABisB">45mila</a> e<a href="http://www.nationalgeographic.it/natura/animali/2019/05/20/news/il_mondo_celebra_le_api_sempre_piu_bisognose_di_aiuto-4411629/"> 55mila</a> produttori di miele, per un valore del settore di<a href="https://www.ilsole24ore.com/art/le-api-sentinelle-qualita-dell-aria-tutta-italia-AEoABisB"> 60 milioni di euro</a>, anche se difficilmente calcolabile dato l’alto numero di apicoltori amatoriali.<br />
<br />
Se da un lato dobbiamo impegnarci con tutte le forze a preservare la
popolazione di imenotteri e a incrementarla, dall’altro dobbiamo anche
adattarci alla loro sempre più frequente assenza; infatti più
l’agricoltura dipende da una singola coltura e più il contributo delle
api diventa essenziale, motivo per cui sarebbe bene puntare sulla
biodiversità delle colture, ricominciando a coltivare anche le specie
oggi meno commercializzate. Intanto i singoli cittadini possono<a href="https://theconversation.com/ten-years-after-the-crisis-what-is-happening-to-the-worlds-bees-77164"> fare qualcosa</a>:
ad esempio piantare in giardino e sul balcone piante come rosmarino,
borragine, basilico, lavanda, timo, ma anche malva, girasoli e
calendule; evitare erbicidi e pesticidi; installare alveari e tagliare
il prato meno frequentemente. E soprattutto si può far valere il proprio
potere come consumatori, informandosi sulla provenienza dei prodotti
acquistati e comprando miele locale e biologico per supportare
l’apicoltura sostenibile. Ma una presa di coscienza ai piani alti, che
emanino leggi più coraggiose e severe in materia di apicoltura e
agricoltura sostenibile, è indispensabile. Il Regno Unito – che a
livello regionale ha visto<a href="https://www.independent.co.uk/environment/bees-extinct-climate-change-habitat-loss-pollution-economy-wwf-a8921221.html"> scomparire</a> diverse specie di api – ha provato a risvegliare l’attenzione sul tema a Expo 2015, con<a href="http://www.rinnovabili.it/greenbuilding/expo-uk-premio-padiglione-api-876/"> un padiglione</a>
a forma di alveare, ma il problema è urgente: l’estinzione delle api è
già una realtà ed è il momento che anche la politica, sempre distratta
da problemi apparentemente più importanti e da finte emergenze per
accaparrarsi voti, agisca davvero.<br />
</div>
<br />Guglielmohttp://www.blogger.com/profile/18391777963114840422noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8131702325084180059.post-81067792654950294202019-08-31T11:05:00.001-07:002019-08-31T11:05:50.856-07:00<h1 class="entry-title">
Strage di api in Brasile: 500 milioni di insetti morti in tre mesi. Colpa dei pesticidi concessi da Bolsonaro <div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgxR5Rsj3KkFYFmWps6dbKctUCzaP8O9GXFk01_vKnQj6molcHeO59ycGCYzQ297hkj-5Xdkdvquk56aufr5DTtfz41GBdS9728hAy9IJmX9p15AZvJeG8TGCCjiTYEvV6WQVCUI6tiDaCf/s1600/moria-api-veneto.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="800" data-original-width="1200" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgxR5Rsj3KkFYFmWps6dbKctUCzaP8O9GXFk01_vKnQj6molcHeO59ycGCYzQ297hkj-5Xdkdvquk56aufr5DTtfz41GBdS9728hAy9IJmX9p15AZvJeG8TGCCjiTYEvV6WQVCUI6tiDaCf/s320/moria-api-veneto.jpg" width="320" /></a></div>
</h1>
Nel solo stato del Rio Grande do Sul sono state trovate morte 400 milioni di <strong>api</strong> ma il problema sta interessando anche altre zone del <strong>sud del Brasile</strong>. Accusati di questa vera e propria strage sono ancora una volta i <strong>pesticidi</strong>.<br />
Inutile ricordare l’importanza delle api per l’ecosistema e la catena
alimentare. In tutto il mondo questi insetti sono in pericolo per colpa
dell’uomo e delle sue scelte sconsiderate, tra queste l’uso di alcuni
pesticidi che danneggiano non solo le api ma anche le farfalle e altri
insetti.<br />
In Brasile <strong>la situazione delle api è davvero drammatica</strong>.
400 milioni sono gli insetti morti nel Rio Grande do Sul, 7 milioni a
San Paolo, 50 milioni a Santa Catarina e 45 milioni nel Mato Grosso do
Sul per un totale di oltre 500 milioni di insetti.<br />
Le ricerche di laboratorio indicano i pesticidi, e in particolare quelli contenenti <strong>neonicotinoidi e fipronil (prodotti vietati in Europa),</strong>
come la principale causa di morte per la maggior parte delle api
brasiliane. Quasi tutte, infatti, presentavano tracce di fipronil.<br />
L’uso di questi pesticidi che uccidono le api è aumentato negli ultimi tempi e la responsabilità è soprattutto dell’attuale <strong>presidente del Brasile, Jair Bolsonaro</strong>, criticato più volte per le sue discutibili prese di posizione relativamente alle tematiche ambientali e sociali.<br />
E’ stato proprio lui, infatti, ad <a data-wpel-link="internal" href="https://www.greenme.it/informarsi/agricoltura/bolsonaro-pesticidi/" rel="noopener noreferrer" target="_self">eliminare le restrizioni sui pesticidi</a>, nonostante l’opposizione degli ambientalisti che li hanno definiti dei veri e propri veleni.<br />
Secondo <em>Greenpeace</em>, che cita l’indagine <a data-wpel-link="external" href="https://unearthed.greenpeace.org/2019/06/12/jair-bolsonaro-brazil-pesticides/" rel="nofollow noopener noreferrer" target="_blank"><em>Unearthed</em></a>,
negli ultimi 3 anni sarebbero stati registrati in Brasile ben 193
diserbanti e pesticidi contenenti sostanze chimiche vietate nell’Unione
europea (il 40% dei quali sarebbero “altamente o estremamente tossici”).<br />
<blockquote>
<em>“La morte di tutte queste api è un segno del fatto che siamo stati avvelenati”, <a data-wpel-link="external" href="https://www.bloomberg.com/news/articles/2019-08-19/bees-are-dropping-dead-in-brazil-and-sending-a-message-to-humans" rel="nofollow noopener noreferrer" target="_blank">ha dichiarato Carlos Alberto Bastos,</a> presidente dell’Associazione apicoltori del Distretto Federale del Brasile. </em></blockquote>
Mentre le morti di massa di api in Brasile sono avvenute quest’anno,
il legame tra pesticidi e declino delle popolazioni di questi insetti è
stato a lungo studiato. Una ricerca della Harvard University del 2004 ha
scoperto che i pesticidi svolgono un ruolo chiave nell’uccidere la
popolazione di api negli Stati Uniti.<br />
Proprio negli Usa, gli apicoltori hanno perso 4 su 10 delle loro
colonie di api nell’ultimo anno, rendendo lo scorso inverno il peggiore
mai registrato. Ma anche nel resto del mondo non va tanto meglio. In
Russia 20 regioni hanno riportato moria di massa di api e almeno un
milione di insetti sono morti in Sudafrica nel novembre 2018 proprio a
causa del fipronil.<br />
Ci sono poi paesi come il Canada, il Messico, l’Argentina e la
Turchia che hanno segnalato una strage di api negli ultimi 18 mesi.<br />
Anche <strong>l’Europa, purtroppo, non è esente dal problema</strong>.
Esiste anche nei paesi Ue, infatti, la possibilità di usare in
agricoltura 2 dei 5 pesticidi neonici pericolosi per le api. Solo la
Francia ha dato il buon esempio e li ha messi tutti al bando.<br />
L’Italia purtroppo segue la scia del resto d’Europa permettendo l’uso di questi due pesticidi e anche del <a data-wpel-link="external" href="http://greenme.it/tag/glifosato" rel="nofollow noopener noreferrer" target="_blank">glifosato</a>.<br />
Sembra sempre più evidente che <strong>bandire i pesticidi dannosi</strong> in tutto il mondo sia di vitale importanza per<strong> impedire che le api scompaiano dal pianeta</strong> (e noi con loro!).<br />
<h1 class="entry-title">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgxR5Rsj3KkFYFmWps6dbKctUCzaP8O9GXFk01_vKnQj6molcHeO59ycGCYzQ297hkj-5Xdkdvquk56aufr5DTtfz41GBdS9728hAy9IJmX9p15AZvJeG8TGCCjiTYEvV6WQVCUI6tiDaCf/s1600/moria-api-veneto.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"></a></div>
</h1>
Guglielmohttp://www.blogger.com/profile/18391777963114840422noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8131702325084180059.post-89451829464950037222019-06-18T08:45:00.000-07:002019-06-18T08:45:04.133-07:00Carlo Amodeo, il signore delle api che ha "resuscitato" quella nera sicula<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgqw31ZW1e-yFi7oyI6k-jc7ezWElry4SvRJYcaRhsgcvLE3fqFx_TzvK3TKvseuQNeAfRJKITYxVUg45OohnhkqZHurLjsEefvNJ9qDBk1hQCrh6RU2H-fWW436CtUsH7sEg7gK3CNTECd/s1600/1560770588568.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="960" data-original-width="1440" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgqw31ZW1e-yFi7oyI6k-jc7ezWElry4SvRJYcaRhsgcvLE3fqFx_TzvK3TKvseuQNeAfRJKITYxVUg45OohnhkqZHurLjsEefvNJ9qDBk1hQCrh6RU2H-fWW436CtUsH7sEg7gK3CNTECd/s320/1560770588568.jpg" width="320" /></a></div>
<br />
<br />
https://www.lasicilia.it/news/sicilians/254117/carlo-amodeo-il-signore-delle-api-che-ha-resuscitato-quella-nera-sicula.htmlGuglielmohttp://www.blogger.com/profile/18391777963114840422noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8131702325084180059.post-7813801583042221762019-06-10T12:06:00.002-07:002019-06-10T12:06:26.996-07:00<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiW7213uVsr1_IKnzPnAn96tSquBEOjZLL9QbzTAZY4u6tv5by6lcJNUiSb2tki7KO1txQHlvMdt0Vio-ua2nt0BG5HicEj7RW6sGxU6_Omlcw_DpOKTKCDGJ5Zhc50lwe44U3yli-Xn4Sv/s1600/api-numeri-colonie-diminuzione.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="800" data-original-width="1200" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiW7213uVsr1_IKnzPnAn96tSquBEOjZLL9QbzTAZY4u6tv5by6lcJNUiSb2tki7KO1txQHlvMdt0Vio-ua2nt0BG5HicEj7RW6sGxU6_Omlcw_DpOKTKCDGJ5Zhc50lwe44U3yli-Xn4Sv/s640/api-numeri-colonie-diminuzione.jpg" width="640" /></a></div>
<br />
<h1 class="entry-title">
Le api capiscono i simboli numerici (eppure le stiamo ammazzando </h1>
Piccole grandi api: capiscono il concetto di zero, ma anche i numeri,
associando simboli e quantità. Minuscoli ma potentissimi (e vitali)
cervelli che sottovalutiamo e che continuiamo ad uccidere, riducendone
le colonie di quasi un quinto solo nell’inverno 2017-2018. Con danni
enormi diretti verso noi stessi.<br />
È una vera e propria <strong><a href="https://www.greenme.it/informarsi/animali/moria-di-api-ministero/" rel="noopener noreferrer" target="_blank">strage di api</a></strong>:
ai predatori naturali, nonché ciclici virus che purtroppo (o per
fortuna) fanno parte del grande “gioco della natura” si unisce l’uomo,
con l’uso indiscriminato e irresponsabile di pesticidi in agricoltura,
veri e propri veleni che, nonostante i ripetuti allarmi e qualche timido
tentativo di contenimento, in realtà non si fermano.<br />
Stiamo uccidendo animali incredibili, che letteralmente sorreggono il Pianeta. Uno studio condotto dalla <em>RMIT University</em> (Australia) e pubblicato su <em>Proceedings of the Royal Society B</em> ha dimostrato che questi insetti riescono addirittura ad <strong>associare simboli a quantità,</strong> mostrando potenzialità finora sconosciute.<br />
Era stato già dimostrato che <strong><a href="https://www.greenme.it/informarsi/animali/api-matematiche-zero/" rel="noopener noreferrer" target="_blank">le api capiscono il concetto di zero</a></strong>: una ricerca del 2018 pubblicata su <em>Science</em>
da un team di ricercatori australiani e francesi aveva dimostrato per
la prima volta che queste hanno raffinate abilità numeriche, in grado di
utilizzare lo zero, avvicinando, in questo modo, la stessa nozione di
“nulla” ai sistemi di Intelligenza Artificiale.<br />
Ma c’è di più, perché gli impollinatori per antonomasia riescono anche ad <strong>associare simboli a quantità</strong>, un’abilità che, nonostante per noi sembri semplice, in realtà implica processi cognitivi piuttosto sofisticati.<br />
Precedenti studi avevano mostrato che i primati e gli uccelli possono
anche imparare a collegare simboli e numeri, ma questa è la prima volta
che tale capacità viene riscontrata negli insetti. Le api hanno <strong>meno di un milione di neuroni</strong>,
contro gli oltre 86 miliardi di quelli umani, e sono separate da noi da
oltre 600 milioni di anni di evoluzione. Un risultato, dunque,
particolarmente sorprendente.<br />
<blockquote>
“Ma se le api hanno la capacità di apprendere qualcosa di così complesso come un linguaggio simbolico creato dall’uomo – <strong><a href="https://www.rmit.edu.au/news/all-news/2019/jun/bees-symbols-numbers" rel="noopener noreferrer" target="_blank">spiega Adrian Dyer</a></strong>, coautore dello studio – si aprono nuovi eccitanti percorsi per la <strong>comunicazione futura tra le specie</strong>”.</blockquote>
<img alt="api-numeri-colonie-pesticidi" class="alignnone wp-image-626269 size-full lazyloaded" data-lazy-sizes="(max-width: 690px) 100vw, 690px" data-lazy-src="https://www.greenme.it/wp-content/uploads/2019/06/api-numeri-colonie-diminuzione1.jpg" data-lazy-srcset="https://www.greenme.it/wp-content/uploads/2019/06/api-numeri-colonie-diminuzione1.jpg 690w, https://www.greenme.it/wp-content/uploads/2019/06/api-numeri-colonie-diminuzione1-300x113.jpg 300w" data-was-processed="true" height="259" src="https://www.greenme.it/wp-content/uploads/2019/06/api-numeri-colonie-diminuzione1.jpg" width="690" /><br />
<br />
<strong>Foto: <a href="https://www.strath.ac.uk/whystrathclyde/news/honeybeecoloniesdownby16/" rel="noopener noreferrer" target="_blank">Università di Strathclyde</a></strong><br />
<h2>
Strage di api, Italia tra le peggiori d’Europa</h2>
Un modo incredibile, affascinante, che ispira e dona vita a tutto il Pianeta, e che <strong>sta morendo</strong>.
Il numero di colonie di api è diminuito del 16% solo nell’inverno del
2017-18, secondo uno studio internazionale condotto dall’<em>Università di Strathclyde </em>(UK), che si unisce a numerosi precedenti.<br />
Questo, in particolare, ha intervistato 25.363 apicoltori in 36
Paesi, rilevando che, su 544.879 colonie gestite all’inizio dell’inverno
(si parla di api da miele), 89124 sono state perse, per una
combinazione di cause che includono anche quelle naturali (es. meteo,
parassiti). Un quadro preoccupante dove i comportamenti umani rischiano
di infliggere ulteriori <strong>ferite determinanti</strong>.<br />
<br />
<img alt="api-colonie-diminuzione-inverno-2018" class="alignnone wp-image-626272 size-full lazyloaded" data-lazy-sizes="(max-width: 690px) 100vw, 690px" data-lazy-src="https://www.greenme.it/wp-content/uploads/2019/06/api-numeri-colonie-diminuzione2.jpg" data-lazy-srcset="https://www.greenme.it/wp-content/uploads/2019/06/api-numeri-colonie-diminuzione2.jpg 690w, https://www.greenme.it/wp-content/uploads/2019/06/api-numeri-colonie-diminuzione2-300x270.jpg 300w" data-was-processed="true" height="620" src="https://www.greenme.it/wp-content/uploads/2019/06/api-numeri-colonie-diminuzione2.jpg" width="690" /><br />
<br />
<br />
<strong>Foto: <a href="https://www.tandfonline.com/doi/full/10.1080/00218839.2019.1615661" rel="noopener noreferrer" target="_blank">Alison Gray/Journal of Apicultural Research</a></strong><br />
E il nostro Paese, ahinoi, è nella top 4 delle stragi più evidenti, insieme a Portogallo, Irlanda del Nord, e Inghilterra, con <strong>perdite superiori al 25%</strong>,
mentre Bielorussia, Israele e Serbia sono state tra quelle con tassi di
perdita inferiori al 10%. Ci sono state poi anche variazioni regionali
significative in alcuni Paesi, tra cui Germania, Svezia e Grecia.<br />
<blockquote>
“La diminuzione delle colonie di api da miele è un <strong>problema complesso</strong> – <strong><a href="https://www.strath.ac.uk/whystrathclyde/news/honeybeecoloniesdownby16/" rel="noopener noreferrer" target="_blank">spiega Alison Gray</a></strong>,
che ha guidato lo studio – Tende ad essere influenzato meno dal clima
generale che da specifici modelli meteorologici o da calamità naturali
[…]”.</blockquote>
Certo è che se a tutto questo si aggiunge l’uso di veleni in agricoltura che continua a <strong><a href="https://www.greenme.it/informarsi/animali/api-pesticidi-procura-udine/" rel="noopener noreferrer" target="_blank">provocare stragi</a></strong>, il destino sembra segnato. E al concetto di zero, che le nostre amiche api capiscono, rischiamo di arrivare sul serio.<br />
Lo studio è stato pubblicato su <strong><a href="https://www.tandfonline.com/doi/full/10.1080/00218839.2019.1615661" rel="noopener noreferrer" target="_blank">Journal of Apicultural Research</a></strong>.<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
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<br />Guglielmohttp://www.blogger.com/profile/18391777963114840422noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8131702325084180059.post-82246397296702509292019-02-26T08:06:00.001-08:002019-02-26T08:06:40.444-08:00<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEji-85iY0HjJ76ah4VtyJTpeDhwVqDdhwlI2e4Mhd_mDv7JqJip66GhxXwQGWJp1NiIuM5D3HgBqjjymkszNTjrrOgZEeOrG_IikQVgsYuZRaPlRjAvW9Vp1EWivGTVUo6plSZ9WYOo2h9z/s1600/api-1170x643.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="643" data-original-width="1170" height="175" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEji-85iY0HjJ76ah4VtyJTpeDhwVqDdhwlI2e4Mhd_mDv7JqJip66GhxXwQGWJp1NiIuM5D3HgBqjjymkszNTjrrOgZEeOrG_IikQVgsYuZRaPlRjAvW9Vp1EWivGTVUo6plSZ9WYOo2h9z/s320/api-1170x643.jpg" width="320" /></a></div>
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<h1 class="post-title single-post-title">
Il futuro delle api è africano</h1>
<div class="post-box-meta-single">
<span>26 Febbraio 2019</span>
</div>
<br />
<br />
Sarà l’Africa a salvare le api? Secondo alcuni studi, le api africane
potrebbero offrire una soluzione non solo ai problemi di alimentazione
del loro continente, ma anche l’apicoltura nordamericana ed europea. Ma
andiamo con ordine.<br />
A partire dagli anni Duemila, si è assistito a una crescente moria
delle api in Europa e nel Nord America. Negli Usa, tra il 1947 e il
2005, si è perso il 59% delle colonie di api, mentre in Europa, dal 1985
al 2005, il 25%. Solo in Europa il 9,2% delle 1965 specie di insetti
impollinatori sta per estinguersi, mentre un ulteriore 5,2% potrebbe
essere minacciato nel prossimo futuro. Tenendo conto che l’80% delle
piante esistenti dipende dall’impollinazione delle api, si capisce
quanto la portata del fenomeno può essere devastante.<br />
Le cause sono molteplici. Anzitutto gli agenti patogeni che
indeboliscono gli insetti e li portano lentamente alla morte. Le api
sono poi suscettibili alle sostanze chimiche presenti nell’ambiente. Tra
esse i fitosanitari o pesticidi, utilizzati per proteggere i raccolti.
Anche i fattori ambientali sono spesso menzionati come cause potenziali
della moria. L’apporto di carboidrati (dal nettare), proteine (dal
polline) e acqua è importantissimo per garantire tutte le funzioni
vitali delle api. Una carenza di questi elementi può indebolire
considerevolmente una famiglia.<br />
In Africa vive una specie di ape mellifera più aggressiva, ma anche
più resistente. La maggior parte della loro popolazione, stimata di 310
milioni di colonie, è selvaggia e vive in cavità naturali negli alberi o
nel terreno. Recenti indagini sulla salute hanno indicato che le
popolazioni di api africane sono effettivamente in buona salute.<br />
L’Africa potrebbe quindi beneficio dagli errori commessi altrove,
prevenendo i problemi attraverso la protezione delle popolazioni di api.
Prima che gli Stati stabiliscano regole e restrizioni, gli apicoltori
svolgono un ruolo vitale. Possono aiutare a mantenere in salute le api
africane e, da esse, i ricercatori e gli apicoltori possono imparare
come conservare l’ape occidentale.<br />
Per questo motivo è utile puntare allo sviluppo dell’apicoltura in
Africa. Un settore che, da un lato, può offrire un contributo alla
salvaguardia di una specie, l’ape, così fondamentale per l’ecostistema
e, dall’altro, può offire un buon nutrimento come il miele e può
rappresentare una buona fonte di entrate (anche l’export ha grandi
margini se consideriamo che il miele africano rappresenta solo lo 0,4%
del miele commerciato nel mondo).<br />
Anche <a href="https://www.celim.it/it/chi-siamo/ci-presentiamo/">Celim, Ong milanese attiva in Africa, Balcani e Medio Oriente</a>, sta lavorando su questo fronte. In Zambezia, regione tra le più povere del Mozambico, ha dato vita a un <a href="https://www.celim.it/it/progetto/sostenere-lo-sviluppo-in-zambezia/">progetto di sviluppo</a>
che scommette anche sull’apicoltura. I volontari stanno installando
arnie per apicoltura e l’avvio di due centri di lavorazione del miele
legato alla Cooperativa locale Cizenda Tae. Per questa attività saranno
organizzati corsi di formazione a beneficio di 100 apicoltori. In questo
modo, il miglioramento del sistema produttivo avrà principalmente
benefici economici, ma non solo: migliorerà l’emancipazione sociale,
valorizzando al contempo il ruolo e le capacità delle donne. E
preserverà le api.<br />
<div class="penci-single-link-pages">
</div>
Guglielmohttp://www.blogger.com/profile/18391777963114840422noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8131702325084180059.post-89567552820735717492019-02-19T08:21:00.002-08:002019-02-19T08:21:47.857-08:00<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgUQcewiDN4eU1DT4Y947uQC0wIoDGULWkXN5fQMrQsBGIZQKJJCH6MgNaa6SfEMh_fFGGtECMBNrGPMveafuFYa6ZROiADgfIahN2ngBk2pyLPbl9lgbh8DpJqCgrPh8bT3vzQ9Kp36vVw/s1600/ape-assassina.630x360.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="420" data-original-width="630" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgUQcewiDN4eU1DT4Y947uQC0wIoDGULWkXN5fQMrQsBGIZQKJJCH6MgNaa6SfEMh_fFGGtECMBNrGPMveafuFYa6ZROiADgfIahN2ngBk2pyLPbl9lgbh8DpJqCgrPh8bT3vzQ9Kp36vVw/s640/ape-assassina.630x360.jpg" width="640" /></a></div>
<br />
<h1 class="ATitle">
Il gene che trasforma le api operaie in cospiratrici</h1>
<h2 class="ASommario">
Una minima variazione di un gene
all'interno di un cromosoma può, in alcune condizioni, spingere le più
ligie lavoratrici dell'alveare a detronizzare la regina e invadere la
colonia con le proprie uova: la metamorfosi visibile in una sola
sottospecie di ape mellifera potrebbe avere precise ragioni evolutive.</h2>
<h2 class="ASommario">
</h2>
Come molte loro simili, le api del Capo (<em>Apis mellifera capensis</em>),
una sottospecie di ape mellifera sudafricana, vivono in colonie in cui
l'unico individuo fertile è la regina, che ritorna dai suoi voli d'amore
per deporre le uova da cui nasceranno nuove operaie, con i geni della
regina e dei fuchi con cui si accoppia.<br />
<br />
È un'organizzazione perfetta. Questo finché la regina è presente e le operaie rimangono impegnate nelle faccende "di casa".<br />
<br />
Ma qualche volta, se la regina manca o le sue suddite si trovano
vicino all'alveare di altre sottospecie, le innocue operaie si
trasformano nelle più spietate parassite. Lontane dalla "morsa ormonale"
della loro sovrana, iniziano a deporre uova da cui, senza bisogno di
fecondazione, vedranno la luce nuovi individui femmine, perfetti cloni
dell'originale. Le nuove nate invadono il nido "occupato" e poi si
allontanano, alla ricerca di un altro alveare da "conquistare".<br />
<br />
<span class="ATextTitle"><strong>All'origine del voltafaccia. </strong></span>Questo
meccanismo che porta al graduale collasso delle colonie, è stato
scoperto in Sudafrica un centinaio di anni fa, e da allora gli
entomologi si chiedono da cosa sia innescato. Ora uno studio pubblicato
su <a href="https://academic.oup.com/mbe/advance-article/doi/10.1093/molbev/msy232/5232789" title="A Single SNP Turns a Social Honey Bee (Apis mellifera) Worker into a Selfish Parasite, articolo originale in inglese"><em>Molecular Biology and Evolution</em></a>, rivela che è sufficiente una singola mutazione genetica per trasformare una mite operaia nell'incubo di ogni dinastia.<br />
<br />
I ricercatori della Martin-Luther-Universität Halle-Wittenberg, in
Germania, hanno confrontato il DNA delle api del Capo parassite e delle
docili operaie, e hanno trovato differenze in un singolo locus (in una
singola posizione di un gene all'interno di un cromosoma).<br />
Per azionare la "modalità parassita", però, è necessario anche che le
api mostrino una certa versione di un altro gene; e anche che si
verifichino condizioni particolari come l'assenza della regina, o la
presenza, vicino al nido da attaccare, di un'ape che presenti questa
mutazione.<br />
<div class="ATextQuote">
<hr />
<a href="https://www.focus.it/ambiente/animali/la-tattica-kamikaze-delle-api-arrostire-in-volo-i-calabroni" title="focus.it, le api vibrano all'unisono per eliminare gli intrusi">Arrostire i calabroni: la tattica kamikaze delle api</a>
<hr />
</div>
<span class="ATextTitle"><strong>Meccanismo protettivo. </strong></span>In
ogni caso la mutazione, che per ragioni genetiche rimane esclusiva di
questa sottospecie, potrebbe essere tornata comoda, dal punto di vista
evolutivo, nella storia delle api del Capo. Questi insetti vivono in
zone molto ventose, dove è facile che la regina venga soffiata via o si
perda nei suoi voli nuziali. Questa singola mutazione genetica potrebbe
aver fatto la differenza tra un alveare senza regina, condannato
all'estinzione, e una colonia in grado di "arrangiarsi" anche dopo la
perdita della femmina fertile.<br />
Guglielmohttp://www.blogger.com/profile/18391777963114840422noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8131702325084180059.post-59723720082464991202019-02-19T05:57:00.000-08:002019-02-19T06:01:27.235-08:00<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhNZNAY9wF73F3B-9NXgzzVoq2h0Tx1Dts4fXR9UNHVH0VGDnpb4F18RAkzjb11QjELYsv1n4krUBzdThwzU-4a5RwHijt5MKPOtD0glXW1ehXVzAyw9OUVeJVcQ7QEmi5UCEpAEBAaoB5J/s1600/api1.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="400" data-original-width="740" height="344" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhNZNAY9wF73F3B-9NXgzzVoq2h0Tx1Dts4fXR9UNHVH0VGDnpb4F18RAkzjb11QjELYsv1n4krUBzdThwzU-4a5RwHijt5MKPOtD0glXW1ehXVzAyw9OUVeJVcQ7QEmi5UCEpAEBAaoB5J/s640/api1.jpg" width="640" /></a></div>
<span id="goog_809301528"></span><span id="goog_809301529"></span><br />
<span id="goog_809301528"></span><span id="goog_809301529"></span><br />
<span id="goog_809301528"></span><span id="goog_809301529"></span><br />
<h1 class="entry-title" itemprop="headline">
Le api imparano per imitazione</h1>
<h1 class="entry-title" itemprop="headline">
</h1>
È noto da diverso tempo che, oltre all’essere umano, le scimmie, i mammiferi acquatici e alcuni uccelli sono capaci di <b>imparare a usare nuovi strumenti</b> per raggiungere uno scopo. Questa abilità viene oggi estesa anche ad alcuni <b>invertebrati</b>. I ricercatori della Queen Mary University di Londra hanno pubblicato su Science uno studio in cui dimostrano che le <a href="https://www.wired.it/attualita/tech/2017/02/13/api-robot-black-mirror-agricoltura/" target="_blank"><b>api</b></a> sono in grado di <b>risolvere</b> <b>problemi complessi</b> per ottenere una ricompensa, <b>imitando e soprattutto migliorando il comportamento dei propri simili</b>.<br />
<div class="fb-quote fb_iframe_widget">
“Il nostro studio” dichiara <b>Lars </b><b>Chittka</b>,
co-autore della ricerca, “mette fine all’idea che l’avere un cervello
piccolo limita la flessibilità comportamentale degli insetti,
costringendoli solo a semplici capacità di apprendimento”.</div>
Utilizzando delle finti insetti di plastica, i ricercatori inglesi <b>hanno addestrato</b> <a href="https://www.wired.it/attualita/ambiente/2015/04/23/neonicotinoidi-pesticidi-api/" target="_blank">alcune api</a>
(vere stavolta) a spostare una pallina gialla al centro di una
piattaforma. Solo a operazione compiuta le api avrebbero avuto accesso a
una soluzione zuccherina.<br />
Fin qui si è dunque trattato di confermare la capacità di questi insetti di apprendere un<b> comportamento per imitazione</b>. Le cose hanno cominciato a farsi interessanti quando il team di ricerca ha osservato il comportamento di api non addestrate in<b> tre situazioni differenti</b>.<br />
Un primo gruppo di <b>api non addestrate</b> è stato inserito <b>in un contesto sociale</b>,
cioè ha avuto modo di osservare altre api, precedentemente addestrate a
spostare la pallina, e di apprendere la tecnica per raggiungere la
ricompensa dai propri simili.<br />
Un secondo gruppo, invece, ha avuto un maestro fantasma: i
ricercatori hanno mostrato alle api dove spostare la pallina grazie
all’utilizzo di un <b>magnete</b>. Il terzo gruppo di insetti,
invece, è stato lasciato allo sbaraglio, con la pallina già posizionata
al centro della piattaforma.<br />
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Questa serie di <b>test</b> ha dimostrato che per le api è sufficiente <b>osservare la tecnica</b> poche volte per farla propria e metterla in pratica: anche se le api del primo gruppo sono state le <b>più</b> <b>efficienti</b> e le <b>più rapide</b>
a risolvere il problema, anche gli insetti del secondo gruppo sono
riusciti a raggiungere la ricompensa. Le api del terzo gruppo che non
avevano avuto nessuna dimostrazione sono state quelle in <b>maggiore difficoltà</b>, invece.</div>
Per complicare un po’ la situazione, gli scienziati hanno anche effettuato dei test sui tre gruppi mettendo <b>più palline all’interno della piattaforma</b>,
due più vicine all’obiettivo e una più lontana. Le api del primo
gruppo, quelle che hanno potuto imparare dalle api già addestrate, hanno
assistito sempre allo spostamento della pallina più lontana verso il
centro della piattaforma. Questo perché le api insegnanti erano state
allenate appositamente così dai ricercatori, che avevano incollato le
palline più vicine in modo che non potessero essere spostate. Eppure l<b>e api del primo gruppo non si sono limitate a imitare il comportamento delle compagne</b> ma, poiché prive del condizionamento dell’addestramento, si sono dirette alle palline più vicine all’obiettivo.<br />
“Le api hanno risolto il compito in un modo differente rispetto a
quanto era stato loro mostrato, suggerendo che le api osservatrici non
abbiano semplicemente copiato il comportamento delle loro simili, ma lo
abbiano migliorato” spiega <b>Olli J. Loukola</b>, principale autore dello studio “Questo dimostra un’impressionante flessibilità cognitiva, specialmente per un insetto”.Guglielmohttp://www.blogger.com/profile/18391777963114840422noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8131702325084180059.post-74113417113697698062019-02-19T05:42:00.002-08:002019-02-19T06:02:37.837-08:00<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgUROOf20DQnbdfn5jexYiAlpTQx2AbIjTp_B1zXxG3fLyPgX_ilTOzkejFpHITAJtT96aLmcHEhnPitIIkaWwAfu6fh3SVqw1THqLIEwyQQ951EjEjgXcZs7a7B4GWy8j4120bzGcqslP-/s1600/api.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="400" data-original-width="700" height="364" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgUROOf20DQnbdfn5jexYiAlpTQx2AbIjTp_B1zXxG3fLyPgX_ilTOzkejFpHITAJtT96aLmcHEhnPitIIkaWwAfu6fh3SVqw1THqLIEwyQQ951EjEjgXcZs7a7B4GWy8j4120bzGcqslP-/s640/api.jpg" width="640" /></a></div>
<br />
<br />
<h1 class="entry-title" itemprop="headline">
Che cervello matematico, quelle api</h1>
<h1 class="entry-title" itemprop="headline">
</h1>
Le <strong>api</strong> sono portate per la <strong>matematica</strong>, così tanto che riescono a svolgere <strong>operazioni</strong> complesse come addizioni e sottrazioni. Basta che <em>studino</em>
un po’. Un team di ricercatori che arrivano da Francia e Australia ha
infatti dimostrato come questi piccoli insetti possano essere addestrati
ad associare i colori ad operazioni di <strong>addizione</strong> e <strong>sottrazione</strong>, e a usare quanto appreso per svolgere piccoli compiti di <strong>matematica</strong>. La scoperta del <strong>cervello matematico</strong> delle api, <a href="http://advances.sciencemag.org/content/5/2/eaav0961" rel="noopener" target="_blank">pubblicata</a> su di <strong>Science Advances</strong>, mostra che non sempre nel regno animale serve un grande cervello per avere il <em>potere</em> di ragionare con i numeri.<br />
<h2>
Il cervello matematico delle api</h2>
Gli scienziati da tempo si interrogano su quanto sia diffusa tra gli
animali la capacità non solo di stimare quantità, quanto proprio di fare
delle operazioni e <a href="https://www.galileonet.it/2015/01/i-pulcini-contano-come-noi/" rel="noopener" target="_blank">contare</a>.
Alcuni studi sembrano suggerire per esempio che non si tratti di
un’abilità così rara: ce l’hanno gli oranghi, gli scimpanzé, i piccioni,
ma anche bambini piccolissimi e ragni. E le api, modello per eccellenza
negli insetti per la visione e la cognizione? Possono discriminare
persino lo <strong>zero</strong>, avere una nozione di cosa è più grande e più piccolo, svolgere <a href="https://www.galileonet.it/2017/02/le-api-imparano-imitazione/" rel="noopener" target="_blank">compiti complessi</a>, possibile, si son chiesti i ricercatori, che il loro <strong>cervello matematico</strong> fosse tutto qui?<br />
Gli scienziati, guidati da Scarlett Howard della RMIT University di
Melbourne (Australia), hanno messo in piedi una serie di esperimenti per
capire se davvero le <strong>api</strong> possedessero un cervello
matematico. La logica è stata quella prima di insegnare loro cosa fosse
un’addizione e una sottrazione (premiando gli animali in caso di
risposta corretta con soluzioni zuccherine e punendoli con soluzioni
amare in caso contrario) e poi di testare le loro abilità in un <em>compito in classe</em>
in piena regola. In pratica dopo una fase di addestramento le api erano
chiamate a misurarsi in un compito simile ma mai svolto prima per
capire quanto effettivamente avessero appreso.<br />
<h2>
Le api possono fare addizioni e sottrazioni</h2>
Le due fasi degli esperimenti – allenamento e test – hanno coinvolto
l’utilizzo di uno strumento a forma di Y. I ricercatori hanno allenato
le api ad associare il blu a operazioni di addizione e il giallo a
quelle di sottrazione: in base al numero di forme (o gialle o blu)
mostrate all’ingresso della Y le api potevano muoversi verso uno dei due
bracci, cui erano associati risultati diversi (uno giusto e uno
sbagliato). In altre parole: se all’ingresso della Y c’erano 4 forme
blu, l’azione corretta sarebbe stata muoversi verso il braccio con 5
forme blu (il blu significava aggiungere 1); se all’ingresso le api
avessero trovato 4 forme gialle si sarebbero dovute indirizzare verso il
braccio con 3 forme gialle. Dopo questa fase di training (ripetuta un
centinaio di volte) gli insetti venivano testati mostrando loro 3 forme
(mai fatto prima durante l’allenamento), di aspetto diverso. Nei 4 test
effettuati i ricercatori hanno osservato che in una percentuale
variabile dal 60 al 75% le api sceglievano la risposta corretta, anche
quando non avevamo mai visto 3 forme. In sostanza avevamo cioè imparato
le basi aritmetiche, e le sfruttavano in un contesto simile ma diverso.<br />
<h2>
Ma a che serve tutta questa matematica?</h2>
Pur trattandosi di pochi test, in poche api (14), lo studio
suggerisce che un cervello matematico possa svilupparsi anche in
strutture cerebrali in miniatura, e molto distanti, evolutivamente
parlando, da quelli dei primati. Le abilità di memoria a breve e lungo
termine necessarie a svolgere le operazioni aritmetiche in natura
servirebbero alle api a capire come indirizzare il loro comportamento
nella ricerca di cibo. E a ricordare magari su quale <a href="https://www.galileonet.it/2016/06/cosi-le-api-sentono-campo-elettrico-dei-fiori/" rel="noopener" target="_blank">fiore</a> è meglio posarsi.Guglielmohttp://www.blogger.com/profile/18391777963114840422noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8131702325084180059.post-87623947607040170692018-10-08T10:52:00.001-07:002018-10-08T11:09:15.278-07:00<br />
<br />
<header><h1 class="title single-title entry-title">
Api e miele in salvo: scoperta la cura contro i virus dannosi</h1>
</header><br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjQ_IiGeCHB1T1PRbYNTk9zPnIQXeIt31JNeIeQAvGV7TTHkHu10M0gID7B4PQA0HIAhB-wKfsrFPz-9MWWGxgsbzYvRCJtrK7hhgxZJ-36sj1ljmHSPiBOe0RYKej8MlaB0TRp07M4lJ5D/s1600/miele.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="345" data-original-width="640" height="344" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjQ_IiGeCHB1T1PRbYNTk9zPnIQXeIt31JNeIeQAvGV7TTHkHu10M0gID7B4PQA0HIAhB-wKfsrFPz-9MWWGxgsbzYvRCJtrK7hhgxZJ-36sj1ljmHSPiBOe0RYKej8MlaB0TRp07M4lJ5D/s640/miele.jpg" width="640" /> </a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
Api e miele: si salvi chi può. Forse questa sarà la stagione perfetta
per il nettare di cui tutti vanno ghiotti, grazie ad una ricerca che,
da un fungo, ha estratto una sostanza che previene le infezioni da virus
di alveare.<br />
<h2>
Api e miele salvi: lo studio</h2>
Durante lo studio, gli alveari alimentati con estratto di micelio da
amadou e funghi reishi si sono salvati dal “virus dell’ala deformata”
con un calo di 45.000 volte del virus del lago Sinai.<br />
Steve Sheppard, un professore di entomologia della WSU e uno degli autori, ha dichiarato che “<i>La
nostra più grande speranza è che questi estratti abbiano un tale
impatto sui virus da aiutare gli acari varroa a diventare solo un
“fastidio” per le api, piuttosto che causare devastazioni. Siamo
entusiasti di vedere dove questa ricerca ci conduce. Il tempo stringe
per le colonie di api e la sicurezza delle forniture alimentari mondiali
dipende dalla nostra capacità di trovare mezzi per migliorare la salute
degli impollinatori”.</i><br />
<h3>
Qual è il futuro di api e miele</h3>
Nonostante ci siano tutte queste novità, ad oggi l’estratto di
micelio non è utilizzato daglu apicoltori. I ricercatori stanno provando
ad aumentare la produzione degli estratti in maniera celere. Sheppard
ha detto che lui ed i suoi colleghi sono impegnati oggi a i loro
risultati ora pubblicati. In tal modo gli apicoltori sono già informati e
sapranno come muoversi quando sarà disponibile.<br />
Gli alveari di api trattati in questo esperimento sono stati cibati
con un trattamento orale di estratti miceliali in tante minuscole
colonie di api ahimè infestate da acari varroa. Al momento non si sa se
l’estratto sarà disponibile nel breve termine e se sarà abbastanza
grande per poter essere usato dagli apicoltori di tutto il mondo.<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
https://www.zz7.it/api-e-miele-in-salvo-scoperta-la-cura-contro-i-virus-dannosi/</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<br />Guglielmohttp://www.blogger.com/profile/18391777963114840422noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8131702325084180059.post-85922852533561640002017-10-16T22:00:00.002-07:002017-10-16T22:00:49.834-07:00Pesticidi su colture? A spargerli ci pensano le api
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Dal Canada idea di
sfruttarle per trasportare antiparassitari</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Oltre a portare il
polline e il nettare, le api potrebbero presto essere 'sfruttate' per
trasportare anche pesticidi naturali nei fiori di piante e colture,
evitando così di ricorrere all'irrorazione indiscriminata degli
antiparassitari nelle coltivazioni.</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Una società
canadese, la Bee Vectoring Technology (Bvt), ha infatti pensato di
affidare proprio ad 'ignare' api il compito di disperdere nei fiori
la giusta quantità di pesticidi naturali per preservare la salute e
la sopravvivenza della pianta.</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
L'idea è semplice:
all'interno dell'arnia viene inserito un piccolo vassoio con una
polvere composta da pesticidi innocui per le api e Gliocladium
roseum, un fungo che non provoca disturbi agli insetti ma che attacca
i parassiti delle piante. I bombi, uscendo dall'alveare, sono
costretti a venire in contatto con questa polvere, che resta
incollata sulle loro zampe. Una volta all'esterno, le api svolgono il
loro lavoro di impollinatori; dentro i fiori lasciano però anche una
'spolverata' di pesticidi utili a proteggere la pianta e i futuri
frutti.</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Bvt sottolinea come
questa idea non solo possa far calare la quantità di pesticidi oggi
utilizzata, ma anche assicurare che queste sostanze finiscano proprio
nei fiori. Secondo la società, infatti il 99% dei pesticidi
spruzzati su piante e alberi finisce a terra. </div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgCI0ggRXa5MQ9nZnFLOu6M885Dc7LbTl8Wgqd7IF-3uDQjeyUYZlN6cHeyi4WSOuZTXHBTIsbeVV7Yk0qeBUr9QxLQUL6E5a04VrzWKq-Ur5Po18c9zYfCtnH5mcVvxGhIC-oSEfev6JBk/s1600/a.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="440" data-original-width="598" height="235" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgCI0ggRXa5MQ9nZnFLOu6M885Dc7LbTl8Wgqd7IF-3uDQjeyUYZlN6cHeyi4WSOuZTXHBTIsbeVV7Yk0qeBUr9QxLQUL6E5a04VrzWKq-Ur5Po18c9zYfCtnH5mcVvxGhIC-oSEfev6JBk/s320/a.jpg" width="320" /></a></div>
Guglielmohttp://www.blogger.com/profile/18391777963114840422noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8131702325084180059.post-88811650274819541522017-10-14T06:37:00.000-07:002017-10-14T06:50:27.426-07:00Per le api i pesticidi fanno da anticoncezionale<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Alcuni degli
insetticidi più diffusi riducono la fertilità dei fuchi, e
potrebbero essere tra le cause delle recenti morie degli insetti</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Secondo una ricerca
recentemente pubblicata, gli insetticidi più diffusi nel mondo
potrebbero agire come fattori di "controllo nascite" per i
fuchi, ossia i maschi delle api. Quando esposti a sostanze come i
neonicotinoidi, infatti, i fuchi presentano meno spermatozoi vitali
rispetto a quelli non esposti.</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
È il primo studio a
esaminare gli effetti sui fuchi di questa classe di insetticidi, già
sospettati di avere legami con le frequenti morie delle api degli
ultimi anni. "I nostri dati indicano uno dei possibili effetti
sulle api dei neonicotinoidi", commenta Geoff Williams,
ricercatore all'Università di Berna, che ha guidato la ricerca.</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
I fuchi hanno un
unico compito: accoppiarsi con una regina. E proprio perché il loro
principale contributo alla colonia è lo sperma, sono spesso poco
considerati negli studi sulla sopravvivenza. Tuttavia, la
produttività dell'ape regina e il successo della colonia possono
risentire dei problemi nell'accoppiamento. Secondo i ricercatori,
sono necessarie altre ricerche per capire come gli effetti dei
pesticidi influenzano la riproduzione</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
delle api nel loro
ambiente naturale.</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Cos'è successo
esattamente ai fuchi esposti ai pesticidi?</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
I ricercatori hanno
analizzato i fuchi di alveari esposti a due insetticidi, il
Thiametoxan e il Clothianidin. Sono stati scelti in particolare
questi due perché il loro utilizzo nell'Unione Europea è sotto
revisione, a causa delle preoccupazioni sul declino degli insetti
impollinatori. I fuchi sono stati esposti a quantità di pesticida
paragonabili a quelli a cui le api possono essere naturalmente
esposte attraverso i pollini.</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
In confronto a fuchi
non esposti ai pesticidi, quelli testati producevano il 39% di sperma
in meno. Inoltre, la vitalità degli spermatozoi, calcolata come
rapporto tra le cellule vive e quelle morte, era inferiore
dell'8-11%. Ovviamente, solo gli spermatozoi vivi possono fecondare
le uova dell'ape regina.
</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
È questa la causa
del collasso delle colonie di cui tanto si parla?</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Non si sa ancora.</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Nell'ultimo
decennio, gli apicoltori del Nord America e dell'Europa hanno
riportato una perdita annuale del 30% dei loro alveari. Nello stesso
periodo è stato constatato anche un declino degli impollinatori
selvatici, tra cui i bombi e la farfalla monarca. Stanno cominciando
a emergere diversi fattori, tra cui malattie, parassiti e perdita
dell'habitat, che potrebbero influire su questa perdita.</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Inoltre, "una
crescente quantità di dati indica che i neonicotinoidi possono avere
effetti sub-letali", spiega Dannis vanEnglesdorp, un ricercatore
che si occupa di api all'Università del Maryland, non coinvolto nel
nuovo studio. "Non troveremo subito una pila di api morte, ma
stiamo cominciando a renderci conto che l'esposizione a questi
pesticidi danneggiano e rallentano in modo sottile la crescita delle
colonie".</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Gli esperti temono
che il problema possa essere più grave dell'uso di uno o due
pesticidi. Le api sono esposte a diverse sostanze chimiche quando
vanno a raccogliere il nettare per il miele. Uno studio recente ha
trovato i residui di trenta diversi pesticidi nei pollini
immagazzinati negli alveari. "Non sappiamo quasi niente degli
effetti additivi o sinergici che l'esposizione contemporanea a tutte
queste sostanze può comportare", spiega Dave Shutler, ecologo
all'Acadia University, in Nuova Scozia.</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Cosa si può dire
sullo stato di salute delle api regine?</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Le api regine si
accoppiano con diversi fuchi, e da ciascuno raccolgono una piccola
quantità di sperma. Questo sperma messo da parte viene poi usato per
fecondare le uova, durante tutto l'arco della loro vita. "Una
riduzione del numero degli spermatozoi vitali può significare guai
per la colonia, perché se non sono sufficienti la regina potrebbe
dover rinunciare alla sicurezza dell'alveare per accoppiarsi di
nuovo", spiega Lars Straub, studente di dottorato all'Università
di Berna.</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
"Gli apicoltori
nordamericani ed europei hanno sempre sostenuto che la cattiva salute
delle api regine sia la principale causa della perdita delle colonie,
ma nessuno ne conosce la ragione alla base del fenomeno", spiega
Williams. Le api regine in cattiva salute fecondano meno uova.
Ricerche precedenti hanno collegato i neonicotinoidi ai problemi di
sopravvivenza e riproduzione delle api regine.
</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
"Penso che
questo studio sia un'ulteriore prova del fatto che queste sostanze
possano avere effetti multipli", commenta vanEnglesdorp.</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Cosa sono i
neonicotinoidi e come sono usati?</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
I neonicotinoidi
uccidono i parassiti danneggiandone il sistema nervoso. Sono stati
introdotti alla fine degli anni Ottanta come alternativa più sicura
a prodotti più vecchi e tossici. Diversamente da altri pesticidi,
però, sono assorbiti da tutti i tessuti delle piante, dalla linfa
alle foglie, fino al polline. Questo li rende molto efficaci contro
gli insetti che succhiano la linfa, come gli afidi.</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
In agricoltura, i
neonicotinoidi sono sparsi sulle sementi per colture come quelle di
soia e mais. Quando il seme germina, il prodotto penetra nei tessuti
della pianta in crescita. Mais e soia disperdono il polline
attraverso il vento, non con gli insetti impollinatori. Le api
possono entrare in contatto con il pesticida quando il polline di
queste piante finisce nei fiori dove si foraggiano.</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
L'EPA, l'agenzia
statunitense per l'ambiente americana sta rivedendo gli effetti di
diversi nicotinoidi sulle api e altri insetti impollinatori per
decidere se restringerne l'uso.</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
in un laboratorio
del Dipartimento dell'Agricoltura USA viene prelevato il seme da un
fuco per fecondare un'ape regina. Strofinando o stringendo l'addome
dell'insetto si espone l'endofallo: lo sperma è la sostanza di color
marrone chiaro che si vede sulla punta. Fotografia di Anand Varma,
National Geographic Creative</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgu7EjSUSvnayaF0s1kWJsN1xnLEQzg1vqLoIUCR-eurxng7NPtEfV3G-zYglcwBNZhrOtc39gYN1JAhVCMK8uKLPmGWMbp1Lx6ambwgm4o4uXFFLTx3rEHhM81nQaD_trjIoupYb82t9zf/s1600/blog3.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="511" data-original-width="768" height="424" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgu7EjSUSvnayaF0s1kWJsN1xnLEQzg1vqLoIUCR-eurxng7NPtEfV3G-zYglcwBNZhrOtc39gYN1JAhVCMK8uKLPmGWMbp1Lx6ambwgm4o4uXFFLTx3rEHhM81nQaD_trjIoupYb82t9zf/s640/blog3.jpg" width="640" /></a></div>
Guglielmohttp://www.blogger.com/profile/18391777963114840422noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8131702325084180059.post-62377487010485090982017-10-14T06:08:00.001-07:002017-10-14T06:50:10.928-07:00La tecnologia che salva le api<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
BEEHAVE: un modello
matematico che simula al computer la vita di un alveare. Potrebbe
finalmente chiarire perché negli ultimi anni le colonie siano andate
scomparendo. E trovare una soluzione ai problemi che minacciano la
vita delle api</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Gli scienziati hanno
creato un modello che simula le attività di una colonia di api nel
corso degli anni. Si chiama BEEHAVE, e oltre al simpatico gioco di
parole contenuto nel nome sembra una sorta di The Sims con le api. È
stato elaborato sulla base degli studi degli ultimi anni, che hanno
monitorato le abitudini e le attività all'interno dell'alveare,
integrati con altri dati che le mettono in relazione con il “mondo
esterno”. Nessun aspetto della vita nell'alveare viene dunque
tralasciato, dalla deposizione delle uova da parte della regina fino
alle cure delle api infermiere e alla raccolta di polline e nettare.
Il team di ricercatori, guidato da Juliet Osborne dell'Università
dell'Exeter, ha pubblicato lo studio sulla rivista Journal of Applied
Ecology.</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
“La sfida è
capire quali sono i fattori più importanti che influenzano la
crescita e la sopravvivenza di una colonia. Il modello rappresenta la
prima possibilità che abbiamo di simulare gli effetti di molte
variabili che agiscono in concomitanza, dalla disponibilità di cibo
fino all'infestazione da parte di acari, e alle malattie. Il tutto
misurato su scala</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
temporale molto
realistica”. BEEHAVE permetterà ai ricercatori, agli apicoltori e
a chiunque sia appassionato di questi insetti di predire l'evoluzione
delle colonie e l'andamento della produzione del miele, basandosi
anche sulle condizioni climatiche.</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
I conti in tasca
all'alveare</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
I primi risultati
sono già arrivati: le colonie infestate dalla varroa, un comune
acaro parassita, sono più vulnerabili alla scarsità di cibo. Nel
primo anno di infestazione gli effetti possono sfuggire, e anche
effettuando controlli di routine è plausibile che un apicoltore non
si accorga di nulla. Le conseguenze tuttavia peggiorano di anno in
anno, portando anche al collasso della colonia se non si interviene
con un trattamento anti-varroa specifico ed efficace.</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
BEEHAVE si
dimostrerà utile anche per studiare le conseguenze a lungo termine
dell'utilizzo di pesticidi, simulando il conseguente impatto della
cospicua perdita di api bottinatrici, che si occupano del
foraggiamento di polline e nettare. Sul breve termine, secondo i
modelli, la colonia potrebbe resistere senza troppe difficoltà, ma
andando avanti negli anni gli effetti si fanno sentire specialmente
se ci fosse anche scarsità di cibo a fronte di quella delle
bottinatrici. La perdita di molti individui rappresenta una minaccia
non solo per il sostentamento della colonia, ma va ovviamente a
colpire anche l'apicoltore specialmente in periodi delicati per la
riproduzione come marzo e aprile.</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Ne è un esempio il
caso verificatosi a Titignano (frazione di Orvieto) la notte del 4
marzo, in cui ignoti armati di bombolette insetticide hanno
sterminato due milioni di api e devastato una trentina di arnie
dell'azienda apistica "La Mieleria" di Sergio D'Agostino,
presidente dell'Anai, associazione nazionale apicoltori italiani.
Quanto valgono quelle api, oltre al danno morale causato
all'apicoltore e al suo duro lavoro? Tradotto in moneta, per una
piccola azienda come questa si parla di 20-25mila euro.</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Le simulazioni
effettuate finora hanno mostrato che delle fonti di
approvvigionamento vicine</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg1OwaHfrXJhYOwLd3JhBGLFsjOPKQ2XJvKhD0GaZOWxq6p9FJD2AN34DdH7q_Evy5YZHBNDVZ1YaVDdC84MAhgJIuuRV0jhL0XfFT4jyq6Rao89_1wnpbrkvKl9ql_Qq_1IsnCprXJLksz/s1600/blog2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="432" data-original-width="600" height="230" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg1OwaHfrXJhYOwLd3JhBGLFsjOPKQ2XJvKhD0GaZOWxq6p9FJD2AN34DdH7q_Evy5YZHBNDVZ1YaVDdC84MAhgJIuuRV0jhL0XfFT4jyq6Rao89_1wnpbrkvKl9ql_Qq_1IsnCprXJLksz/s320/blog2.jpg" width="320" /></a></div>
Guglielmohttp://www.blogger.com/profile/18391777963114840422noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8131702325084180059.post-65493465422786475392017-10-14T04:08:00.004-07:002017-10-14T06:48:24.585-07:00Api di riserva per salvare l'agricoltura Usa?<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
La popolazione di
questo fondamentale impollinatore è in forte declino con gravi
rischi per i raccolti: una possibile soluzione è ricorrere a specie
selvatiche più resistenti, ma che non producono miele</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
La vita di un'ape
regina, se tutto va bene, dovrebbe durare due o tre anni. Nell'ultimo
decennio però gli apicoltori statunitensi hanno riscontrato un
dimezzamento di questo ciclo vitale e i ricercatori stanno cercando
di capire il perché.</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
È una delle tante
domande che compongono il mistero della mortalità delle api
mellifere, un fenomeno allarmante legato a una combinazione di
fattori tra cui i parassiti, i pesticidi e la perdita di habitat.</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Pur non essendo
native degli Stati Uniti, le api mellifere sono fondamentali per
l'agricoltura americana in quanto svolgono un ruolo cruciale
nell'impollinazione. Dalle mele alle mandorle, molte colture
stenterebbero senza l'apporto delle api. E anche se quasi il 90 per
cento degli apicoltori americani lo fa per hobby, la maggioranza
degli alveari, spiega l'entomologo David Tarpy, appartiene a grandi
attività commerciali.</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
La moria delle api
potrebbe avere effetti devastanti sulla produzione alimentare e gli
studiosi stanno cercando soluzioni alternative. Quasi tutte le api
presenti oggi negli Stati Uniti sono di provenienza italiana e
vulnerabili a un parassita, l'acaro Varroa. Le api russe, invece,
sono più resistenti, e con esse i piccoli</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
apicoltori hanno
avuto buoni risultati. Il problema, dice Tarpy, è che le api russe
producono meno miele di quelle italiane e "non sono altrettanto
efficaci" nell'impollinazione di vaste aree agricole.</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Secondo il biologo
della fauna selvatica Sam Droege, un'alternativa potrebbe essere
l'utilizzo delle migliaia di specie di api selvatiche nordamericane,
che sono ottime impollinatrici, pungono raramente e hanno le
dimensioni di un chicco di riso. Lo svantaggio è che nessuna di
queste specie selvatiche produce miele, ma "il miele possiamo
sempre importarlo da altri paesi", ribatte Droege.</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhD8fsvzZaRAlza3qJ5BYJhwardQeqBzquNx3jlcldYN8BqZVxD6VpUlPz1yc8r6fPy1v4gNQRnUnR7q_jcKRGX1CzHR8bDWCP8QHmbgGv6cdwNZ44y5NbqbasKB99u0aTBdHrBJ6R-DgWX/s1600/blog1.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="400" data-original-width="600" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhD8fsvzZaRAlza3qJ5BYJhwardQeqBzquNx3jlcldYN8BqZVxD6VpUlPz1yc8r6fPy1v4gNQRnUnR7q_jcKRGX1CzHR8bDWCP8QHmbgGv6cdwNZ44y5NbqbasKB99u0aTBdHrBJ6R-DgWX/s640/blog1.jpg" width="640" /></a></div>
Guglielmohttp://www.blogger.com/profile/18391777963114840422noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8131702325084180059.post-73483088934401456412017-10-09T23:06:00.002-07:002017-10-09T23:07:04.534-07:00Il 75% del miele contiene neonicotinoidi: api a rischio<b>Ben tre quarti del miele consumato a livello globale contiene
almeno un insetticida potenzialmente dannoso per le api. Così questi
insetti diventano indicatori viventi della contaminazione dell’ambiente </b><br />
<br />
<br />
<br />
<br />
Ben il 75% del <b>miele</b> che consumiamo a livello globale è contaminato da un gruppo di <b>pesticidi, </b>i <a href="https://www.galileonet.it/2017/06/si-pesticidi-neonicotinoidi-un-reale-pericolo-le-api/"><b>neonicotinoidi</b></a>, introdotti come alternativa sicura al <b>Ddt</b>, l’<b>insetticida</b> più diffuso al mondo. Una<b> contaminazione</b> che rappresenta un <a href="https://www.galileonet.it/2016/12/neonicotinoidi-olfatto-api/">pericolo in primo luogo proprio per le <b>api</b></a>, <a href="https://www.galileonet.it/2017/03/ue-bando-pesticidi-neonicotinoidi-api/">insetti </a>essenziali per la riproduzione delle <b>piante</b> e la sopravvivenza degli ecosistemi. A renderlo noto è uno studio guidato dall’università svizzera di <b>Neuchâtel, </b>che ha riacceso l’attenzione su<b> </b>un problema che potrebbe rappresentare una minaccia per il mantenimento della <b>biodiversità.</b><br />
<div class="single-article-ad-wrapper">
</div>
La presenza di <b>neonicotinoidi</b> nel <b>miele</b>
è molto bassa – ben al di sotto dei limiti imposti dall’Unione Europea
per il consumo umano – e da considerarsi dunque non nociva per le
persone. Ma può esserlo, secondo gli scienziati, per gli <b>insetti</b> impollinatori, che trasportano il <b>polline</b> da un fiore ad un altro. I risultati dell’indagine <a href="http://science.sciencemag.org/content/358/6359/109" rel="noopener" target="_blank">sono stati pubblicati</a> su <b>Science</b>.<br />
I <b>neonicotinoidi</b> sono composti chimici comunemente utilizzati in <b>agricoltura</b> per uccidere i <b>parassiti</b> delle piante. Ma, dal corpo della pianta, questi composti possono raggiungere il <b>fiore</b>, poi dal fiore arrivare alle <b>api</b> e dunque al <b>miele</b>. Oltre ad essere un importante alimento per il consumo umano, infatti, il miele costituisce la <b>dieta</b> delle <b>api</b>, che lo elaborano a partire dal <b>nettare</b> del fiore (ma non solo da lì) e lo immagazzinano nelle loro casette – nel caso di apicolture, nelle <b>arnie</b>. In questo senso le api pèossono essere considerate <i>sentinelle</i> viventi della qualità dell’<b>ambiente </b>e i residui di <b>pesticidi</b> presenti nel <b>miele</b> usati come un indicatore del livello della <b>contaminazione</b>.<br />
Partendo proprio da questa idea, i ricercatori hanno testato 198 campioni di <b>miele</b> provenienti da tutto il <b>mondo</b>, realizzando una sorta di <b>inventario</b> dei <b>pesticidi</b>
presenti in questo alimento e dei paesi che li utilizzano maggiormente.
Gli scienziati hanno analizzato, tramite test chimici, la presenza dei
seguenti neonicotinoidi, <i>acetamiprid</i>, <i>clotianidina</i>, <i>imidacloprid</i>, <i>thiacloprid</i> e <i>thiamethoxam</i>:
nomi tecnici che indicano alcuni dei più comuni pesticidi. In base ai
risultati, in ben tre campioni su quattro era presente almeno una delle
cinque sostanze testate. Fra quelli contaminati, circa nella metà dei
casi erano presenti almeno due <b>insetticidi</b>, mentre in un campione su 10 ne erano presenti quattro o tutti e cinque.<br />
Questo dato indica che a livello globale la gran parte delle <b>api</b> potrebbe essere colpita in maniera più o meno forte da questi <b>insetticidi</b>. Soprattutto un’<b>esposizione</b>
ripetuta a queste sostanze – ovvero cronica, come la definiscono gli
autori dello studio – può rappresentare un problema. Andando ad
analizzare la concentrazione degli <b>insetticidi</b>, i ricercatori hanno svelato che ben in un terzo dei casi – nel 34% del miele analizzato – si osservavano quantità di <b>neonicotinoidi</b>
tali da indurre un danno o la morte delle api. I paesi con la più alta
concentrazione di questi composti si trovano in Europa, Asia e Nord
America.<br />
Non bisogna dimenticare inoltre che le <b>api</b> rappresentano un componente essenziale per la <b>riproduzione</b> delle <b>piante</b> e dunque per la sopravvivenza degli <b>ecosistemi</b>: un elemento che secondo gli autori potrebbe spingere a ridurre l’uso di questi <b>pesticidi, </b>come si discute da tempo. Ma non è tutto.<br />
Anche se le quantità di <b>neonicotinoidi</b> sono più basse dei valori <b>limite</b>
per il consumo umano e non comportano danni per l’essere umano, gli
autori citano alcune recenti evidenze in base alle questi insetticidi
potrebbero avere qualche effetto negativo anche sui <b>vertebrati</b>, ad esempio sul <b>sistema immunitario</b>. Un elemento che, unito a quello del danno sulle <b>api</b>, potrebbe spingere a riconsiderare queste soglie europee, secondo gli autori, abbassandole. In un momento delicato per l’<b>Europa</b>: dopo il bando temporaneo di alcuni <b>neonicotinoidi</b> nel 2013, la<b> Commissione Europea</b> sta discutendo proprio in questo momento su come regolamentare l’uso di questi <b>pesticidi</b> e un parere è atteso a breve.<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjau5qAuPw43eZRlAppyF-qp20zeAaXJlFGaydeJS0DBxA_Xcwt44rLgR48onU12qqnYhkJravuNgkbQ1hwgxE-TN8AN_ddDxqXo0VLdUQ4MNW3BbwZ4bjaac257SwDotz9OP0I7sN4sqAN/s1600/Api-e-Miele.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="350" data-original-width="902" height="124" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjau5qAuPw43eZRlAppyF-qp20zeAaXJlFGaydeJS0DBxA_Xcwt44rLgR48onU12qqnYhkJravuNgkbQ1hwgxE-TN8AN_ddDxqXo0VLdUQ4MNW3BbwZ4bjaac257SwDotz9OP0I7sN4sqAN/s320/Api-e-Miele.jpg" width="320" /></a></div>
Guglielmohttp://www.blogger.com/profile/18391777963114840422noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8131702325084180059.post-47103051066888026662017-09-05T08:00:00.002-07:002019-03-06T07:59:58.731-08:00Operaie o regine? Lo decide il microRNA vegetale<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj0dPXj14jIGx2yCNp9k3KvDrEpcCkimmWnqYgSpsp0RRazQ869ID7AdclCTmvnzYAJfF3eO3RjMrZkdzUiYivRS78t-3XamZlC70-bKtxIp8YL6oprxojFGSnwNCTHjlVP3cUjrqbm1Iex/s1600/api-1.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="400" data-original-width="740" height="172" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj0dPXj14jIGx2yCNp9k3KvDrEpcCkimmWnqYgSpsp0RRazQ869ID7AdclCTmvnzYAJfF3eO3RjMrZkdzUiYivRS78t-3XamZlC70-bKtxIp8YL6oprxojFGSnwNCTHjlVP3cUjrqbm1Iex/s320/api-1.jpg" width="320" /></a></div>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgvGl3YUYJkZWaA9oeCKSnP4uBnEidDuActO-QzOqHxcgMvXJyYSL3xE_mc5qKHAy0U68-hhMZVFtvc_dcNamJPSsLAH-VXvFHmnjb4qw_gXDRu9QVare-6XNfqfZOMGYMXdHkzSjPIYi2f/s1600/polline-delle-api.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="441" data-original-width="600" height="235" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgvGl3YUYJkZWaA9oeCKSnP4uBnEidDuActO-QzOqHxcgMvXJyYSL3xE_mc5qKHAy0U68-hhMZVFtvc_dcNamJPSsLAH-VXvFHmnjb4qw_gXDRu9QVare-6XNfqfZOMGYMXdHkzSjPIYi2f/s320/polline-delle-api.jpg" width="320" /></a></div>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiWXNsfjjulI_KwB9QlH7wlpL8VTl_II4y-dI2vJaewFjqRrdqiKTxItDS83lcS6YRjgm4MWow1DtmyGs8nDMDZF3g_Hj8E-iNixoRTz6L2Gj7ZmPyTe1JGe9Z4_ltQ5LmaA3BTkYy1iwsn/s1600/micrornajpg.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="350" data-original-width="620" height="180" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiWXNsfjjulI_KwB9QlH7wlpL8VTl_II4y-dI2vJaewFjqRrdqiKTxItDS83lcS6YRjgm4MWow1DtmyGs8nDMDZF3g_Hj8E-iNixoRTz6L2Gj7ZmPyTe1JGe9Z4_ltQ5LmaA3BTkYy1iwsn/s320/micrornajpg.jpg" width="320" /></a></div>
<br />
<br />
<br />
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<b>Operaie o regine?
Lo decide il microRNA vegetale</b></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
4 settembre 2017 -
Elisa Liberatore - Stampa Stampa</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Una ricerca cinese
svela il ruolo chiave del microRNA vegetale – ingerito con il cibo
durante la fase larvale – sullo sviluppo delle api in operaie o
regine.</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
È ben noto che tra
le api a rendere regine o operaie non sono le differenze genetiche ma
la diversa dieta delle larve. Larve alimentate principalmente con
polline d’api sono destinate a diventare operaie mentre è la pappa
reale a renderle, in futuro, regine. Le differenze fenotipiche tra
api appartenenti alle due “caste” sono rilevanti: le operaie
hanno piccole dimensioni e sono sterili, mentre le regine raggiungono
dimensioni maggiori, sono fertili e più longeve. Proteine, zuccheri
e acidi grassi contenuti in abbondanza nella pappa reale sono stati
associati alla iper-crescita delle regine, ma molti aspetti
dell’effetto della dieta sullo sviluppo larvale restano oscuri. Uno
studio cinese apparso su PLOS Genetics indica un nuovo elemento
chiave nella differenziazione delle api: il microRNA vegetale
contenuto in grandi quantità nel polline d’api.</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Un microRNA è una
corta sequenza (di una ventina di nucleotidi) di RNA non codificante
che contribuisce a regolare l’espressione dei geni. I ricercatori
cinesi avevano già osservato come, in alcune specie animali,
microRNA vegetale presente nel cibo potesse accumularsi nei tessuti e
lì svolgere la propria funzione regolatrice. Hanno dunque ipotizzato
che un analogo effetto potesse contribuire a determinare, nelle larve
di api, lo sviluppo futuro in operaie o regine.</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
I ricercatori hanno
dapprima campionato il microRNA vegetale presente nel polline d’api
e nella pappa reale, sospettando di trovarne un quantitativo maggiore
nel cibo delle operaie: infatti, il polline d’api è una miscela di
pollini e miele e dunque primariamente di origine vegetale, a
differenza della pappa reale, secreta da apposite ghiandole delle api
nutrici. Confermata questa loro prima ipotesi, hanno studiato
l’effetto del microRNA vegetale sullo sviluppo delle larve
applicando diverse metodologie.</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
In una prima fase
dello studio, test di laboratorio sono stati condotti direttamente su
larve di api. I ricercatori hanno verificato che, alimentando le
larve con un polline d’api sintetico arricchito di microRNA
vegetale la crescita delle stesse è risultata più lenta di quella
di larve dalla stessa colonia alimentate con polline naturale.
Inoltre, da adulte le api alimentate in laboratorio sono risultate
più piccole, leggere e con ovaie di minor dimensione delle compagne api.</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Successivamente,
grazie a metodi di bioinformatica, i ricercatori hanno identificato
un totale di 96 geni d’ape sui quali il microRNA vegetale
proveniente da 16 diverse specie di piante è in grado di agire,
ognuno target di un microRNA specifico. Alcuni dei 96 geni sono
direttamente coinvolti nello sviluppo delle api in regine o operaie,
come il gene denominato amTOR. Un’elevata attività di amTOR
infatti determina la trasformazione delle larve in regine, mentre una
sua inibizione comporta lo sviluppo di tratti da operaie anche in
larve alimentate con pappa reale. AmTOR è il target del microRNA
miR162a, che, secondo lo studio cinese, è in grado di inibirne
l’espressione.</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Effetti simili di
inibizione della crescita sono stati riscontrati anche su esemplari
di Drosophila melanogaster alimentati con il polline sintetico
arricchito. Sebbene i moscerini della frutta non abbiamo una
differenziazione in caste come le api, in questa specie sono
conservati i percorsi molecolari che nelle api determinano il
dimorfismo regina/operaia. Anche nei moscerini dunque un maggior
contenuto di microRNA nella dieta comporta uno sviluppo più lento,
il raggiungimento di dimensioni minori, sia negli esemplari maschi
che nelle femmine, e nelle femmine una fertilità ridotta. I
ricercatori hanno inoltre identificato il gene coinvolto nella
crescita, denominato dmTOR, che presenta un sito attivo affine ad
amTOR, sul quale miR162a può legarsi.</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Lo studio svela
dunque un complesso meccanismo di interazione tra regno vegetale e
regno animale, e offre nuovi spunti per ricerche sulla co-evoluzione.</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Riferimenti: PLOS
Genetics</div>
Guglielmohttp://www.blogger.com/profile/18391777963114840422noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8131702325084180059.post-17143802733717840682017-04-13T22:33:00.001-07:002017-04-13T22:43:43.670-07:00l'inaspettata "vista d'aquila" delle api<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj2wdyMKEVfLKjEI-SejKZ7yu1R0fMZu_FU8sfYNMFjCjw_55DQNrMtUWcIbaj8eDTsVjmkJfZHU7HK1y74xQHZVCvVV-WN5PrGdYG5dLD-iQplrN6Tq5I6fD6OcxM-n1EfVnyzHxu-yoBQ/s1600/ape+per+blog.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="233" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj2wdyMKEVfLKjEI-SejKZ7yu1R0fMZu_FU8sfYNMFjCjw_55DQNrMtUWcIbaj8eDTsVjmkJfZHU7HK1y74xQHZVCvVV-WN5PrGdYG5dLD-iQplrN6Tq5I6fD6OcxM-n1EfVnyzHxu-yoBQ/s320/ape+per+blog.jpg" width="320" /></a></div>
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
http://www.lescienze.it/news/2017/04/10/news/visione_api_risoluzione-3487989/?ref=nl-Le-Scienze_14-04-2017<br />
<br />
<br />
<br />
<h1>
L'inaspettata "vista d'aquila" delle api</h1>
<span style="font-weight: normal;">Nuove misurazioni neurofisiologiche hanno stabilito che l'ape può vedere
distintamente un oggetto che occupa un angolo di 1,9 gradi: si tratta
di una risoluzione d'immagine del 30 per cento maggiore di quanto
documentato finora in questi insetti. I risultati potrebbero trovare
applicazione anche nella progettazione di sistemi di visione automatici
per la robotica<i class="author">.</i></span><br />
<br />
<span style="font-weight: normal;"><i class="author"> </i></span>La vista delle api è decisamente migliore di quanto si pensava: lo ha scoperto un <a href="http://www.nature.com/articles/srep45972">nuovo studio pubblicato sulla rivista “Scientific Reports”</a> da un gruppo di ricercatori dell'Università di Lund, in Svezia, guidati da David O'Carroll.<br />
La capacità di vedere distintamente un oggetto è risultata maggiore del
30 per cento, mentre la capacità di vedere un oggetto, anche se non
distintamente, è cinque volte superiore.<br />
<br />
I nuovi dati emersi dalla ricerca sono importanti non solo per la
conoscenza della fisiologia di base di questi insetti ma anche per la
progettazione di sistemi automatici di visione per le applicazioni
robotiche.<br />
<br />
La vista delle api affascina gli entomologi fin dalle ricerche
pionieristiche di Karl von Frisch nel 1914. Con il passare dei decenni,
gli studi si sono fatti sempre più complessi e raffinati, e hanno
portato alla dimostrazione che questi insetti sono in grado di
categorizzare gli oggetti e di imparare, tramite la visione, concetti
come “simmetrico” oppure “sopra e sotto”.<br />
<br />
“Oggi le api sono ancora un affascinante modello per i ricercatori, in
particolare per i neuroscienziati”, ha spiegato Elisa Rigosi, coautrice
dello studio. “Tra le altre cose, le api possono aiutare a capire come
può un piccolo cervello di meno di un milione di neuroni svolgere
compiti complessi.”<br />
<br />
Ma una questione che è stata affrontata solo parzialmente è: quanto è buona la vista di un'ape?<br />
<br />
Precedenti ricerche hanno misurato l'acuità visiva di questi insetti, ma
la maggior parte degli esperimenti è stata condotta in condizioni di
semioscurità, per verificare la capacità di distinguere il contrasto
cromatico e quello acromatico. L'assenza di luce però provoca
cambiamenti <br />
anatomici e fisiologici tali da alterare la risoluzione delle immagini.<br />
<br />
L'apparato visivo delle api è costituito da migliaia di celle esagonali,
dietro ognuna delle quali si trovano otto fotorecettori, cioè
rivelatori presenti sulla retina che rilevano variazioni di luce: ogni
volta che un oggetto passa nel campo visivo, il fotorecettore invia un
segnale nervoso al cervello. L'ipotesi era quindi che in condizioni di
luce piena vi fosse un notevole miglioramento dell'acuità visiva.<br />
<br />
In questo nuovo studio, O'Carroll e colleghi hanno cercato di
determinare due parametri chiave per capire l'acuità visiva dell'ape: le
dimensioni del più piccolo oggetto distinguibile e la massima distanza a
cui l'insetto può distinguere chiaramente un oggetto. Hanno così
condotto una serie di registrazioni elettrofisiologiche delle risposte
neurali in ogni singolo fotorecettore.<br />
<br />
Dall'analisi è risultato che nella parte frontale dell'occhio, dove la
risoluzione delle immagini è massima, l'ape può vedere distintamente un
oggetto che occupa un angolo di 1,9 gradi: confrontato con la vista
umana, è un po' come distinguere il proprio pollice stendendo un braccio
di fronte a sé.<br />
<br />
Si tratta di una risoluzione del 30 per cento migliore rispetto a quanto
documentato finora. In termini del più piccolo oggetto percepibile
anche se non chiaramente, il limite è di 0,6 gradi, cioè circa un terzo
rispetto al limite della visione distinta. È un valore cinque volte
inferiore a quanto stimato finora: in altre parole, l'acuità visiva è
cinque volte superiore.Guglielmohttp://www.blogger.com/profile/18391777963114840422noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8131702325084180059.post-31450837317115143482017-02-24T22:05:00.003-08:002017-02-24T22:06:55.370-08:00<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjRaqaQ-ZQ-fgEjxK2Hk78jeeAzlnHAngMx1ffa618a3wRlLk0GhK48YvQxuH010ENI6Mz0TAYctMQwkCGZOzLzn7AhnX1fjhLAsg6K4TNwaS-nx_8yV75DzETYFZPDD3QzqdzxINgu-gCs/s1600/api.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="172" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjRaqaQ-ZQ-fgEjxK2Hk78jeeAzlnHAngMx1ffa618a3wRlLk0GhK48YvQxuH010ENI6Mz0TAYctMQwkCGZOzLzn7AhnX1fjhLAsg6K4TNwaS-nx_8yV75DzETYFZPDD3QzqdzxINgu-gCs/s320/api.jpg" width="320" /></a></div>
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<header class="entry-header"><h1 class="entry-title" itemprop="headline">
Le api imparano per imitazione</h1>
<div class="entry-meta">
<time class="entry-time" datetime="2017-02-24T15:10:58+00:00" itemprop="datePublished">24 febbraio 2017</time> - <span class="entry-author" itemprop="author" itemscope="" itemtype="http://schema.org/Person"><a class="entry-author-link" href="http://www.galileonet.it/author/mara-magistroni/" itemprop="url" rel="author"><span class="entry-author-name" itemprop="name">Mara Magistroni</span></a></span> - <a href="http://www.galileonet.it/2017/02/le-api-imparano-imitazione/print/" rel="nofollow" title="Stampa"><img alt="Stampa" class="WP-PrintIcon" src="https://www.galileonet.it/wp-content/plugins/wp-print/images/print.gif" style="border: 0px;" title="Stampa" /></a> <a href="http://www.galileonet.it/2017/02/le-api-imparano-imitazione/print/" rel="nofollow" title="Stampa">Stampa</a></div>
</header><b>Le
api, come alcuni mammiferi e uccelli, imparano dai propri simili a
usare strumenti per risolvere problemi complessi, e non è solo
imitazione</b><br />
<br />
<br />
<br />
È noto da diverso tempo che, oltre all’essere umano, le scimmie, i mammiferi acquatici e alcuni uccelli sono capaci di <b>imparare a usare nuovi strumenti</b> per raggiungere uno scopo. Questa abilità viene oggi estesa anche ad alcuni <b>invertebrati</b>. I ricercatori della Queen Mary University di Londra hanno pubblicato su Science uno studio in cui dimostrano che le <a href="https://www.wired.it/attualita/tech/2017/02/13/api-robot-black-mirror-agricoltura/" target="_blank"><b>api</b></a> sono in grado di <b>risolvere</b> <b>problemi complessi</b> per ottenere una ricompensa, <b>imitando e soprattutto migliorando il comportamento dei propri simili</b>.<br />
<div class="fb-quote fb_iframe_widget">
“Il nostro studio” dichiara <b>Lars </b><b>Chittka</b>,
co-autore della ricerca, “mette fine all’idea che l’avere un cervello
piccolo limita la flessibilità comportamentale degli insetti,
costringendoli solo a semplici capacità di apprendimento”.</div>
Utilizzando delle finti insetti di plastica, i ricercatori inglesi <b>hanno addestrato</b> <a href="https://www.wired.it/attualita/ambiente/2015/04/23/neonicotinoidi-pesticidi-api/" target="_blank">alcune api</a>
(vere stavolta) a spostare una pallina gialla al centro di una
piattaforma. Solo a operazione compiuta le api avrebbero avuto accesso a
una soluzione zuccherina.<br />
Fin qui si è dunque trattato di confermare la capacità di questi insetti di apprendere un<b> comportamento per imitazione</b>. Le cose hanno cominciato a farsi interessanti quando il team di ricerca ha osservato il comportamento di api non addestrate in<b> tre situazioni differenti</b>.<br />
Un primo gruppo di <b>api non addestrate</b> è stato inserito <b>in un contesto sociale</b>,
cioè ha avuto modo di osservare altre api, precedentemente addestrate a
spostare la pallina, e di apprendere la tecnica per raggiungere la
ricompensa dai propri simili.<br />
Un secondo gruppo, invece, ha avuto un maestro fantasma: i
ricercatori hanno mostrato alle api dove spostare la pallina grazie
all’utilizzo di un <b>magnete</b>. Il terzo gruppo di insetti,
invece, è stato lasciato allo sbaraglio, con la pallina già posizionata
al centro della piattaforma.<br />
<div class="fb-quote fb_iframe_widget">
Questa serie di <b>test</b> ha dimostrato che per le api è sufficiente <b>osservare la tecnica</b> poche volte per farla propria e metterla in pratica: anche se le api del primo gruppo sono state le <b>più</b> <b>efficienti</b> e le <b>più rapide</b>
a risolvere il problema, anche gli insetti del secondo gruppo sono
riusciti a raggiungere la ricompensa. Le api del terzo gruppo che non
avevano avuto nessuna dimostrazione sono state quelle in <b>maggiore difficoltà</b>, invece.</div>
Per complicare un po’ la situazione, gli scienziati hanno anche effettuato dei test sui tre gruppi mettendo <b>più palline all’interno della piattaforma</b>,
due più vicine all’obiettivo e una più lontana. Le api del primo
gruppo, quelle che hanno potuto imparare dalle api già addestrate, hanno
assistito sempre allo spostamento della pallina più lontana verso il
centro della piattaforma. Questo perché le api insegnanti erano state
allenate appositamente così dai ricercatori, che avevano incollato le
palline più vicine in modo che non potessero essere spostate. Eppure l<b>e api del primo gruppo non si sono limitate a imitare il comportamento delle compagne</b> ma, poiché prive del condizionamento dell’addestramento, si sono dirette alle palline più vicine all’obiettivo.<br />
“Le api hanno risolto il compito in un modo differente rispetto a
quanto era stato loro mostrato, suggerendo che le api osservatrici non
abbiano semplicemente copiato il comportamento delle loro simili, ma lo
abbiano migliorato” spiega <b>Olli J. Loukola</b>, principale autore dello studio “Questo dimostra un’impressionante flessibilità cognitiva, specialmente per un insetto”.Guglielmohttp://www.blogger.com/profile/18391777963114840422noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8131702325084180059.post-46961120356874139102015-04-19T05:56:00.003-07:002015-04-19T06:14:45.510-07:00il veleno dell'ape mellifera....una scoperta nell'utilita' dell'uomo<br />
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
http://www.guidaestetica.it/articoli/effetto-botox-con-il-veleno-dapi</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br />
<i class="i-block">Il veleno d'api ha un costo di 300 euro al grammo. Foto: wikipedia.it</i>
<br />
Sono sempre
più le star, ma anche le persone comuni, che cercano di evitare
interventi invasivi per apparire più giovani. Alcune operazioni,
infatti, bloccano in parte l'espressività del viso e non conferiscono un
aspetto naturale. Il <b>veleno</b> <b>d'api</b>,
invece, sembra essere una delle ultime risposte che arrivano dal Brasile
per rallentare l'invecchiamento cutaneo attraverso trattamenti non
invasivi. Fra le star di Hollywood è conosciuto con il nome di <b>botox naturale </b> che, utilizzato sotto forma di crema o maschera, sembra poter <a href="http://www.guidaestetica.it/riempimento-delle-rughe-ts-5210460.html">ridurre le rughe</a>
del viso, facendo riacquistare alla pelle tono, elasticità e
morbidezza. Fra elogi e perplessità, nonostante il prezzo non alla
portata di tutti, il veleno d'api continua a riscuotere un grande
successo.<br />
<b>L’ingrediente base: la melitina</b><br />
Il veleno delle api, solitamente utilizzato da questi insetti per
difendere il proprio alveare anche a costo della vita, promette di
contrastare l'invecchiamento della pelle. Oltre a contenere miele e
polline, questa sostanza racchiude un ingrediente "miracoloso" chiamato <b>melitina</b>,
un amminoacido con proprietà antinfiammatorie presente nel veleno delle
api. È a causa della melitina che si attiva una reazione naturale
quando si spalma il veleno sulla pelle del viso. Questa sostanza,
infatti, provocherebbe un aumento del flusso sanguigno e di conseguenza
una maggiore produzione di collagene ed elastina, due proteine già
presenti nel nostro corpo che tuttavia diminuiscono con l'età, causando
l'invecchiamento cutaneo. Naturalmente il prodotto non può essere usato
da quell'1% circa della popolazione che è allergico alle punture e
quindi al veleno di questi insetti.<br />
A scoprire questa reazione sulla pelle del veleno d'api è un ricercatore e apicoltore brasiliano, <b>Ciro Protta</b>, che promette di aver trovato il segreto capace di "ingannare la pelle" e ringiovanirla.<br />
<b>Il 'veleno' italiano</b><br />
Le star internazionali che si sono convertite al prezioso veleno sono
tante, da Gwyneth Paltrow a Kylie Minogue, ma sono ben poche le persone
che possono permettersi le maschere al veleno d'api che possono
raggiungere il costo di 300 euro al grammo. Tuttavia esistono
alternative più economiche, fra cui la crema italiana <b>Beelight</b>,
fornita dall'omonima azienda di Urbino che propone una crema al veleno
d’api al prezzo di circa 90 euro per 50 ml. Il prodotto è a base di
ingredienti naturali e biologici e, per la difficoltà di estrazione del
veleno, la produzione è limitata ed è solamente disponibile online.<br />
Beelight spiega a Guidaestetica.it l'efficacia del suo prodotto tramite le parole di <b>Giampiero Girolomoni</b>,
professore ordinario di dermatologia all'Università di Verona: "Gli
studi condotti dagli esperti dimostrano che già dopo alcune settimane la
pelle tende a stendersi, le rughe di espressione si addolciscono e
l’effetto distensivo del volto appare più visibile".<br />
<b>Il costo della 'spremitura'</b><br />
L'alto prezzo dei prodotti a base di veleno d'api è giustificato
dalle migliaia di api che servono per produrre un grammo di questa
sostanza. Secondo quanto affermano le imprese produttrici, la raccolta
del veleno non sarebbe dannosa per questi insetti, che non vengono
uccisi ma momentaneamente privati del loro veleno. Le api sono costrette
attraverso "scariche elettriche a bassa tensione, a estroflettere il
pungiglione e quindi a emettere il veleno. Utilizzando un apposito
telaio collegato a un dispositivo elettrico gli apicoltori ottengono la
deposizione del veleno su una lastra di vetro senza che il pungiglione
rimanga conficcato nel sovrastante telo di nylon. Una volta essiccato
sulla lastra il veleno viene raschiato e conservato sotto forma di
cristalli" spiega Girolomoni.<br />
L'utilizzo di tecniche non letali è un dettaglio molto importante, in
quanto le api sono responsabili dell'impollinazione dei fiori e quindi
dell'equilibrio naturale del pianeta. A causa dei cambiamenti climatici e
dell’inquinamento, il numero di questi preziosi insetti è
drammaticamente diminuito negli ultimi decenni. Tanto sono importanti le
api per la sopravvivenza dell’uomo che l’Unione europea ha approvato
quest'anno una normativa "salva-api" che durante due anni vieterà
l’utilizzo di neonicotinoidi, pesticidi pericolosi per la vita di questi
insetti.<br />
<div class="author">
<b>Autore: </b>Paola Giura </div>
</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br />
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<a href="http://www.flash-sante.com/2013/08/venin-abeille-sida-hi/">http://www.flash-sante.com/2013/08/venin-abeille-sida-hi/</a></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
il veleno di ape potrebbe uccidere il virus HIV che provoca l'AIDS e cellule cancerose</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br />
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
http://www.apicolturaonline.it/feraboli3.htm<br />
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<b><i><u><span style="font-size: x-large;"></span></u></i></b><br />
<b><i><u><span style="font-size: x-large;"><br /></span></u></i></b>
<b><i><u><span style="font-size: x-large;"><br /></span></u></i></b>
<b><i><u><span style="font-size: x-large;">APITERAPIA</span></u></i></b><br />
<b><i><u><span style="font-size: x-large;">
</span></u></i></b>
Le proprietà curative del veleno d'api hanno una tradizione
lontanissima. Nell'antico Egitto molte malattie venivano curate con i
prodotti dell'alveare . Trattamenti simili sono stati riportati da
Plinio e Galeno . Carlomagno ed Ivan il terribile , che soffrivano di
problemi articolari , furono curati con il veleno d'api.<br />
Likomskiy nel 1864 e Terc nel 1888 pubblicarono i primi studi clinici
sull'influenza delle punture d'api sulle patologie reumatiche.<br />
Comunque l'impiego dell' apiterapia nella cura delle patologie
reumatiche iniziò soltanto nei primi anni del novecento e rapidamente si
diffuse in Europa. In America fu il dottor Beck di New York che diffuse
questo metodo di cura attraverso una sua ancora attuale monografia
pubblicata nel 1934.<br />
In questi ultimi anni stiamo assistendo ad un rinnovato interesse verso
l'apiterapia grazie all'impegno di alcuni medici americani quali il
dottor Saine , Broadmann , Cherbuliez ed altri ancora.<br />
Nonostante tutto , questa terapia ha avuto il suo periodo di declino :
infatti nella maggior parte dei testi classici di reumatologia essa è
considerata un metodo di scarsa efficacia , ammettendo però il suo
effetto come terapia istaminica e la sua efficacia antiinfiammatoria.<br />
La causa di questo declino va ricercata nelle eccessive aspettative
riversate in questa metodica e la sua troppo vasta diffusione senza che
vi fossero esatte indicazioni terapeutiche . La conseguente poca
credibilità di questo metodo è dovuta al fatto che mentre le ricerche
cliniche e farmacologiche si sono svolte in laboratori con un rigore
altamente scientifico , le ricerche cliniche sono state condotte , da
una parte , con un entusiasmo quasi mistico e , dall'altra parte , da un
gruppo di medici che credevano ciecamente nelle forze "naturali"
presenti nel veleno d'ape. Inoltre molti prodotti terapeutici contenenti
il veleno d'ape hanno molto spesso uno scopo esclusivamente commerciale
contenendo una imprecisata e infinitesimale quantità di principio
attivo di irrilevante significato terapeutico.<br />
Se vogliamo ottenere una significativa valutazione dell'efficacia
terapeutica del veleno , non dobbiamo considerarlo una panacea per ogni
tipo di malattia reumatica , ma piuttosto un efficace coadiuvante del
trattamento classico di queste patologie.<br />
Le più importanti componenti del veleno , come abbiamo visto prima, sono l'istamina , la lecitinasi e la ialuronidasi.<br />
L'istamina provoca dolore locale , edema, aumento dell'afflusso
sanguigno ed agisce come un potente antiinfiammatorio. La
vasodilatazione da essa provocata avviene per via riflessa , attraverso
il sistema nervoso , anche nei tessuti profondi e può esercitare una
influenza favorevole sulle infiammazioni croniche aumentando il
metabolismo tissutale ed eliminando i prodotti dannosi
dell'infiammazione.<br />
La lecitinasi trasforma la lecitina in isolecitina (fosfolipasi B) che
ha uno spiccato effetto emolitico distruggendo i globuli rossi ed altre
cellule dei tessuti e partecipa all'azione fibrinolitica caratteristica
del veleno d'api.<br />
La ialuronidasi agisce come un fattore di diffusione del veleno , sciogliendo l'acido ialuronico del tessuto connettivo.<br />
Altre sostanze proteiche presenti nel veleno hanno caratteristiche
antigeniche e stimolano in questo modo le reazioni di difesa del sistema
immunitario.<br />
A quale di tutti questi fattori sia da attribuire l'effetto curativo del veleno d'api resta un mistero.<br />
Generalmente nel punto in cui si viene punti da un imenottero si forma
una piccola tumefazione di colore rosso , pruriginosa e calda che
persiste per alcune ore o per alcuni giorni.<br />
Reazioni più violente sono caratterizzate da un gonfiore più esteso che può interessare anche un intero arto.<br />
In alcuni pazienti si associano effetti collaterali quali dolori in
altre articolazioni ed in altre parti del sistema muscolo scheletrico ,
affaticamento, tumefazione generalizzata a tutto il corpo, cefalea ,
nausea e vomito , caduta della pressione sanguigna , aumento della
temperatura corporea. <br />
Queste reazioni non alterano l'efficacia terapeutica del veleno e non
sono considerate un ostacolo al proseguimento della terapia , che potrà
continuare utilizzando dosaggi di veleno inferiori a quello che ha
scatenato l'effetto indesiderato.<br />
L'intervallo ottimale fra una serie di punture e l'altra è di 5-7 giorni.<br />
Le indicazioni al trattamento sono :<br />
<br />
<ul><b><i><span style="font-family: Times New Roman; font-size: small;">
<li>le patologie reumatiche ( artrosi , artrite reumatoide , gotta, fibromialgia ... )</li>
<br />
<li>tendiniti</li>
<br />
<li>neuropatie periferiche </li>
<br />
<li>eresipela</li>
<br />
<li>nefrite</li>
<br />
<li>idropisia</li>
<br />
<li>lombalgia , cervicalgia , sciatalgia</li>
<br />
<li>sclerosi multipla</li>
</span></i></b></ul>
<b><i><span style="font-family: Times New Roman; font-size: small;">
</span></i></b>
<br />
<div align="JUSTIFY">
Dove si punge ? Si punge generalmente sulle zone
dolenti utilizzando l'ape viva applicata più volte , con l ' ausilio di
una retina finissima per estrarre il pungiglione, oppure più api fino ad
un massimo di 30 punture.<br />
La durata della terapia varia da un minimo di una seduta fino ad un
massimo di alcuni mesi , come nel caso dei pazienti affetti da sclerosi
multipla.</div>
<b><i><u><span style="font-size: x-large;"></span></u></i></b><br />
<div align="JUSTIFY">
<b><i><u><span style="font-size: x-large;"><br /></span></u></i></b></div>
<b><i><u><span style="font-size: x-large;">
<div align="JUSTIFY">
<br /></div>
<div align="JUSTIFY">
<br /></div>
<div align="JUSTIFY">
Ricerche sull'efficacia della terapia con veleno </div>
<div align="JUSTIFY">
<br /></div>
<div align="JUSTIFY">
<br /></div>
<div align="JUSTIFY">
d'api.</div>
</span></u></i></b><span style="font-size: x-large;">
</span> </div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
L'unico modo di convincere gli increduli e gli scettici sull'efficacia
terapeutica del veleno d'api è di sperimentare questo prodotto su
diverse patologie. <br />
Negli ultimi vent'anni sono state eseguite numerose ricerche
utilizzando modelli animali . Nei ratti , ad esempio , sono state
iniettate nelle articolazioni degli arti sostanze per indurre lo
sviluppo di processi infiammatori ; è stata quindi valutata l'efficacia
del veleno d'api e del placebo nel ridurre o prevenire l'infiammazione.<br />
Una di queste ricerche , condotta da Y.Chang e M. Bliven nel 1979 ,
verificò come il veleno non soltanto riducesse l'infiammazione , ma
anche riuscisse a prevenire lo sviluppo dell'artrite nel ratto.<br />
Lorenzette , Fortenberry e Busby avevano ottenuto gli stessi risultati nel 1972 .<br />
Queste ricerche sono state avvalorate dallo studio di Eiseman , Von
Bredow e Alvares che nel 1981 dimostrarono come il veleno (somministrato
giornalmente ai ratti per 24 giorni ) ha la capacità di sopprimere ma
non di eliminare l'infiammazione artritica degli arti posteriori di
questi animali.<br />
Vick ed altri suoi collaboratori studiarono nel 1975 l'eficacia di
questa terapia su alcuni cani affetti da artrosi dell'anca , trovando
che la capacità di movimento di questi animali aumentava del 70%
rispetto al gruppo di controllo.<br />
Nel 1992 nel New Jersey fu condotto il primo studio sull'uomo . Un
gruppo di 108 soggetti affetti da artrosi , in cui le terapie
tradizionali avevano fallito, furono trattati con il veleno d'api due
volte alla settimana per un periodo di dieci settimane .<br />
Non furono registrate complicazioni e la maggior parte dei soggetti
mostrò un significativo miglioramento della sintomatologia dolorosa.<br />
Nonostante questi incoraggianti risultati sono necessarie ulteriori
ricerche , in special modo sull'uomo , prima che la comunità medica
scientifica possa accettare il veleno d'api come un trattamento per
l'artrite e per altre patologie in cui trova indicazione.<br />
<div align="JUSTIFY">
<br /></div>
<center>
<b><i><u><span style="font-family: Times New Roman; font-size: large;">Esempi di trattamento
</span></u></i></b></center>
<table border="O">
<tbody>
<tr><td><span style="font-size: large;"><b><i>Artrosi di ginocchio<br />
</i></b></span>
<img src="http://www.apicolturaonline.it/feraboli/Image15a.gif" height="396" width="350" />
</td><td><b><i><span style="font-size: large;">Lombalgia</span></i></b></td></tr>
</tbody></table>
</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgx24u5o-EYgWxupuZErpq45mYckZsSSKOlGH3BQrFYA5Crt8C2m45iogJAoJC-oaj6Fz5BsKXrVT6IylbJkIB8MgFTL95DeS3aprAIw-3W_DAoTcviRolDfWGr_WzvwZEUoUT6m5Spi9K7/s1600/effetto-botox-con-il-veleno-dapi-0_ai1.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgx24u5o-EYgWxupuZErpq45mYckZsSSKOlGH3BQrFYA5Crt8C2m45iogJAoJC-oaj6Fz5BsKXrVT6IylbJkIB8MgFTL95DeS3aprAIw-3W_DAoTcviRolDfWGr_WzvwZEUoUT6m5Spi9K7/s1600/effetto-botox-con-il-veleno-dapi-0_ai1.jpg" height="213" width="320" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh5I9Iywr56ml_PXkNnzrzUA9MBQB-xIDzlUAjsXxOSfJn5EitfGSLV76V0rFaUvA5295eCALuD1CoR4UkX9WnMDvZnWOpcK5sactXohQMjl-1kgbQ5C60PqIjSu9JjrMtqgVtHbmlCrtuy/s1600/siero-viso-al-veleno-d-ape-wonder-bee-lr-wonder-company-anti-age-tonificante-api-goldnoir-(3).jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh5I9Iywr56ml_PXkNnzrzUA9MBQB-xIDzlUAjsXxOSfJn5EitfGSLV76V0rFaUvA5295eCALuD1CoR4UkX9WnMDvZnWOpcK5sactXohQMjl-1kgbQ5C60PqIjSu9JjrMtqgVtHbmlCrtuy/s1600/siero-viso-al-veleno-d-ape-wonder-bee-lr-wonder-company-anti-age-tonificante-api-goldnoir-(3).jpg" height="150" width="320" /></a></div>
<br />
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
prodotti dal veleno di ape</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<br />
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
in visuale il famoso pungiglione dell'ape</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhC052EFOUSuBuLeu32tJ8KkTyFLZEuKuVT8ASdZquk3Q5SBLF-Ex6e-J3H8erpvMbVs6AHlK0IWwZd-0_jSActFi4WOSUdBwt74bp-Ao0jNKB51qFSiuMqVe70ihai9cev3g1RnJ7giLNA/s1600/darre-abeille-300x221.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhC052EFOUSuBuLeu32tJ8KkTyFLZEuKuVT8ASdZquk3Q5SBLF-Ex6e-J3H8erpvMbVs6AHlK0IWwZd-0_jSActFi4WOSUdBwt74bp-Ao0jNKB51qFSiuMqVe70ihai9cev3g1RnJ7giLNA/s1600/darre-abeille-300x221.jpg" /></a></div>
Guglielmohttp://www.blogger.com/profile/18391777963114840422noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8131702325084180059.post-29309435599570371242015-04-15T00:25:00.001-07:002015-04-19T06:13:00.955-07:00un grave pericolo incombe sull'Europa per la vita delle api<div class="western" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<div class="western" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgU0swS9p9kaPL35nh4lkcZUhdjXQRBoSUAlwi6Rjz8zijyFZnYANGJ06DE5cQzn45uy72-ZTiZKDua6qQ1THXD5D8MdDaqoc0EctfIc58vSYXt7xkrOXbr2LzwAmksqb3sNjTf8H3vzV8x/s1600/cervello+ape.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgU0swS9p9kaPL35nh4lkcZUhdjXQRBoSUAlwi6Rjz8zijyFZnYANGJ06DE5cQzn45uy72-ZTiZKDua6qQ1THXD5D8MdDaqoc0EctfIc58vSYXt7xkrOXbr2LzwAmksqb3sNjTf8H3vzV8x/s1600/cervello+ape.jpg" height="237" width="320" /></a></div>
<br />
nella strategia difensiva dell'ape giapponese quando immobilizza l'esploratore calabrone gigante giapponese e porta la temperatura a 46 C° tramite un battito d'ali intensissimo di una moltitudine di api....UNA PARTE DEL SUO CERVELLO RIMANE MOLTO ATTIVA......determinado l'arrostimento lento del calabrone eploratore, che non potra' avvisare la sua colonia dell'avvistamento delle api che eludono l'invasione dei calabroni che sarebbe per loro mortale <br />
<br />
<br />
<br />
<br />
Ma
come mai gli americani si interessano tanto di questo grosso insetto
cinese? Perché sembra essere stato trovato anche in varie zone degli
USA, per esempio nell’Illinois, a Arlington Heights, come ha
denunciato un allarmato apicultore dopo un incontro ravvicinato. Ma
la nuova specie esotica osservata negli Stati Uniti sembra essere non
il calabrone gigante (Vespa mandarinia), bensì il calabrone asiatico
(Vespa velutina), di taglia un poco più piccola, che è ugualmente
temibile per uomo e api in estremo Oriente, mentre in Europa e in
America, dove è arrivato grazie alle importazioni dall’Asia,
sembrerebbe finora non letale per l’uomo (tranne, come si sa, per
individui con allergia specifica), però responsabile di punture
dolorosissime e con cicatrici, e predatore implacabile di api. Gli
apicoltori, perciò, sono nel panico: dopo la varròa, ora anche il
calabrone asiatico! La produzione di miele nei Paesi occidentali
potrebbe diminuire ulteriormente. Ma più grave ancora il rischio
della mancata impollinazione in svariate piante importanti per la
nostra alimentazione. Gli agricoltori sono preoccupati. Vari
esemplari e grossi nidi di calabrone asiatico (Vespa velutina) sono
stati trovati anche in Italia (v. articolo di giornale e immagine in
basso), o a causa delle importazioni di piante orientali o, più
probabilmente, per sconfinamento dalla Francia meridionale verso
Liguria e Piemonte, come riferito da esperti e studiosi. Fatto sta
che è arrivato già in Lombardia e in altre regioni del Nord Italia.
Ma questi calabroni sono in grado di guadagnare centinaia di
chilometri all’anno. Sono già presenti in Belgio e Gran Bretagna.
Studiosi dell’Università di Torino stanno già studiando efficaci
controlli e rimedi. D’altra parte, l’ecologia ha pure le sue
regole, e si spera che i rigidi inverni europei non permetteranno,
per ora, la proliferazione di questa specie esotica oltre la soglia
di pericolo. Ma l’impatto sulla produzione di miele potrebbe essere
notevole.</div>
</div>
<div class="western" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div class="western" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div class="western" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
calabrone giapponese</div>
<div class="western" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div class="western" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="color: navy;"><span lang="zxx"><u><a href="http://www.guardachevideo.it/video/1404/30-calabroni-giapponesi-vs-30.000-api">http://www.guardachevideo.it/video/1404/30-calabroni-giapponesi-vs-30.000-api</a></u></span></span></div>
<div class="western" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br />
<br />
<br />
<div class="western" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
come
si difendono le api giapponesi dal calabrone giapponese...grazie all'attivita' di una zona del cervello</div>
<div class="western" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div class="western" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="color: navy;"><span lang="zxx"><u><a href="http://www.nationalgeographic.it/natura/animali/2013/05/27/news/api_giapponesi_e_calabrone_gigante-1668532/">http://www.nationalgeographic.it/natura/animali/2013/05/27/news/api_giapponesi_e_calabrone_gigante-1668532/</a></u></span></span></div>
<br />
<br />
<br />
<div class="western" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Una
situazione di sconforto nel vedere in pochi giorni le api assediate
in modo massiccio dalla Vespa Velutina. Nel video si sente la
telefonata con un amico... Anche se le avevo già viste in azione lo
scorso anno non immaginavamo un'escalation così violenta. Lo
sconforto e l'impotenza possono scoraggiare ma non possiamo
rassegnarci. Come Associazione APILIGURIA stiamo lavorando senza
sosta quotidianamente in una lotta contro il tempo
</div>
<div class="western" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div class="western" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="color: navy;"><span lang="zxx"><u><a href="https://www.youtube.com/watch?v=MYzBNcX2ctE">https://www.youtube.com/watch?v=MYzBNcX2ctE</a></u></span></span></div>
<div class="western" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br />
<br />
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh1huqkAUqdAWMdig0bGgM9f-LTS3n5J0PJBz-BdAvDYG0gPGHL1FNkPHoeFO3H3JU8V1dpE74FZKtYpg-CQGIO2ygUMA0lg7ksCwXxRtPILhEyKLrHYoxpYrF4h-f97-eM7OpzcVEYAL_0/s1600/Calabrone+gigante+Vespa+mandarinia+tenuto+in+mano_thumb%5B3%5D.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh1huqkAUqdAWMdig0bGgM9f-LTS3n5J0PJBz-BdAvDYG0gPGHL1FNkPHoeFO3H3JU8V1dpE74FZKtYpg-CQGIO2ygUMA0lg7ksCwXxRtPILhEyKLrHYoxpYrF4h-f97-eM7OpzcVEYAL_0/s1600/Calabrone+gigante+Vespa+mandarinia+tenuto+in+mano_thumb%5B3%5D.jpg" /></a></div>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgR2CfFVn_P2qcDVk3MuEirzdOmj7hRo14-1OUFEboCn2-nmL6JxHNaF7gB9F_1CqHJtum_JrTdpjxNEDMeCMcuMWngdRXC4b9G3ccJrw0BJ10Mnjc9V7ov4VSAYwvZJueOs4ATwk_5LWwE/s1600/vespa_velutina.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgR2CfFVn_P2qcDVk3MuEirzdOmj7hRo14-1OUFEboCn2-nmL6JxHNaF7gB9F_1CqHJtum_JrTdpjxNEDMeCMcuMWngdRXC4b9G3ccJrw0BJ10Mnjc9V7ov4VSAYwvZJueOs4ATwk_5LWwE/s1600/vespa_velutina.jpg" height="263" width="320" /></a></div>
<br />
prima foto: calabrone gigante giapponese<br />
<br />
seconda foto: calabrone asiatico chiamato in Europa vespa velutina<br />
<br /></div>
Guglielmohttp://www.blogger.com/profile/18391777963114840422noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8131702325084180059.post-27221927946675447282010-11-27T02:11:00.000-08:002010-11-27T02:15:18.550-08:00il calabrone predatore di Apis mellifera<div class="separator" style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none; clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjHzZ4TJOHMHYZYnp1pnf4LFNwxD47KGlT03NGVscUpfqTv_n14IO3BWdseMS9p-YLJlPrVpglzOxdn1v7_k9Uw8wWVdQo-odj1KCC2GFGHDL1g0nf8F6JJvqGgosLqGo4iLEtDUwPAOsMF/s1600/Apicoltura%255B1%255D.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" ox="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjHzZ4TJOHMHYZYnp1pnf4LFNwxD47KGlT03NGVscUpfqTv_n14IO3BWdseMS9p-YLJlPrVpglzOxdn1v7_k9Uw8wWVdQo-odj1KCC2GFGHDL1g0nf8F6JJvqGgosLqGo4iLEtDUwPAOsMF/s1600/Apicoltura%255B1%255D.jpg" /></a></div><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;">La maggior parte delle persone identificano «la ola» con il calcio, stadi affollati e divertimento. Ma la ola non è riservata ai tifosi urlanti. Ricercatori dell'università di Graz, in Austria, e dei Royal Botanic Gardens Kew, nel Regno Unito, hanno svelato il mistero relativo al fenomeno del «fremito» nelle api mellifere giganti. La loro scoperta è stata recentemente pubblicata sulla rivista PLoS ONE.</div><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"></div><br />
<div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;">Quando sono in allarme, centinaia o persino migliaia di singole api mellifere muovono i loro addomi verso l'alto creando sull'alveare un disegno simile ad una ola. La squadra di ricerca ha detto che il fenomeno del fremito permette alle api mellifere di comunicare e difendersi dai calabroni predatori. Questa mossa è particolarmente importante perché l'onda costringe i predatori a trovare altre prede, proteggendo così non solo le api ma anche i loro nidi. </div><br />
Il prof. Gerald Kastberger dell'istituto di zoologia dell'Università di Graz ha guidato la squadra di scienziati che hanno esaminato in che modo funziona effettivamente questo comportamento. I ricercatori avevano capito già da tempo che il fremito era innescato da uno stimolo visivo dei predatori. Le api mellifere giganti stimolano all'azione le proprie compagne di alveare, creando in questo modo l'effetto del fremito. <br />
<br />
<div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjxIaz4bQlRzznAKj6uwwMm8Jzu36iBXFkskXSKkm__udhI3ac7LzPS2UcfGfYx3QlIXZX1rtJkBuAfEzooKz7QnLf59qwXGcNjKjZCDbiaRei4hb38qhiSd3no2miwJ0sWbQ-a_ROB_gKR/s1600/ape+cal.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; cssfloat: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="198" ox="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjxIaz4bQlRzznAKj6uwwMm8Jzu36iBXFkskXSKkm__udhI3ac7LzPS2UcfGfYx3QlIXZX1rtJkBuAfEzooKz7QnLf59qwXGcNjKjZCDbiaRei4hb38qhiSd3no2miwJ0sWbQ-a_ROB_gKR/s320/ape+cal.jpg" width="320" /></a>Questo comportamento genera una «cortina di api» o «area protetta» di circa 50 cm attorno al favo, che rende la comunicazione tra le api veloce, efficace e continua. Per di più, i potenziali predatori si scontrano con un muro e non riescono ad entrare. </div><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"><br />
</div><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;">Il prof. Kastberger ha installato due telecamere per riprendere l'attività delle colonie di api mellifere. La squadra di ricerca ha esaminato circa 500 episodi di interazioni tra api e calabroni, fotogramma per fotogramma. Si è evidenziato che le colonie di api mellifere giganti innescano questo comportamento allo scopo di allontanare i calabroni; più veloce è l'avvicinamento dei calabroni, più forte è il fremito delle api. </div><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"><br />
</div><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;">Lo studio ha anche mostrato che quando si trovano davanti questa ola cangiante, i calabroni si girano e se ne vanno. Secondo i ricercatori, il fremito su larga scala può allontanare i calabroni predatori, mentre un fremito minore riesce a confondere gli insetti pericolosi. I predatori sono costretti a nutrirsi di api che volano liberamente. </div><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"><br />
</div><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;">Nel loro rapporto, i ricercatori si sono anche concentrati sui principi evolutivi relativi al modo in cui le api mellifere giganti traggono beneficio dal fremito. In base ai loro risultati, la squadra ha detto che il fremito è un fattore chiave nelle vite delle api mellifere, in particolare poiché permette loro di portare avanti lo stile di vita a nido aperto che hanno sviluppato milioni di anni fa. </div><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"><br />
</div><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"><div class="separator" style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none; clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj1B1JUixRQgwscak_Mpbtamsc2GGfKyLDZNlLTlGkpwtrQ0BiupoVN6fZNieDcwtnV-oa9k0I9UhtIbh_5YY612JriujERv12Y9woJPewI0c3L9No8Q0AB94Pxzx_yAvOt2gHpEUoCr9wD/s1600/api+e+calabrone.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; cssfloat: left; cssfloat: right; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" ox="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj1B1JUixRQgwscak_Mpbtamsc2GGfKyLDZNlLTlGkpwtrQ0BiupoVN6fZNieDcwtnV-oa9k0I9UhtIbh_5YY612JriujERv12Y9woJPewI0c3L9No8Q0AB94Pxzx_yAvOt2gHpEUoCr9wD/s1600/api+e+calabrone.jpg" /></a></div><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;">Sono le api mellifere del Sud-est asiatico a formare i loro nidi a favo unico in zone aperte. Queste api mellifere giganti scelgono di posizionare gli alveari su alberi, rocce o edifici costruiti dall'uomo. La squadra ha detto che un loro comportamento tipico è quello di ritornare in questi siti nel corso degli anni. </div></div><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"><br />
</div><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;">Secondo i ricercatori, il trasferimento di informazioni e l'autorganizzazione sono le componenti chiave dell'effetto fremito. </div></div><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"><br />
</div><br />
<br />
<div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhR8OJ7Uo-BsuS_kLx9mrkx_rQLje8Z3EcnjgvrC55W5lfB5AFYEEEtf6DXeHHdBfvA-KZB9u8eYUHqJIzKTtRItATBWsXcOdoJ0ITxBpp8xScbhrzd85wThfYBZCR1kj7D9vqMx3SE2hOi/s1600/apie+cal.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; cssfloat: left; cssfloat: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="239" ox="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhR8OJ7Uo-BsuS_kLx9mrkx_rQLje8Z3EcnjgvrC55W5lfB5AFYEEEtf6DXeHHdBfvA-KZB9u8eYUHqJIzKTtRItATBWsXcOdoJ0ITxBpp8xScbhrzd85wThfYBZCR1kj7D9vqMx3SE2hOi/s320/apie+cal.jpg" width="320" /></a> <div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"><br />
</div></div><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"><br />
</div><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"><br />
</div>Guglielmohttp://www.blogger.com/profile/18391777963114840422noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8131702325084180059.post-90033998566139667752010-08-17T10:22:00.000-07:002010-08-17T10:22:32.459-07:00quindicesima classificazione di Apis mellifera: la sottofamiglia Apinae<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhSIQM4jNE4SLQZrgSJc0dOBgLn0DIj35rlFm7tKbJfduJfjsVs5OOwm7io1Ij7-oCcvdit-E8bLZg7AW23x2f2ynHn9FkTioHGFxuPonnypmEflVHbJnR4tTgG6m_nV6j9lT7z14423Ws2/s1600/Apinae.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" ox="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhSIQM4jNE4SLQZrgSJc0dOBgLn0DIj35rlFm7tKbJfduJfjsVs5OOwm7io1Ij7-oCcvdit-E8bLZg7AW23x2f2ynHn9FkTioHGFxuPonnypmEflVHbJnR4tTgG6m_nV6j9lT7z14423Ws2/s320/Apinae.jpg" /></a><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjWOtaigTqyQPeF-RuBTsdFON1uuC9EeRX9gEAerULSRdsg_ImoGOe_f7HMjNdUgaRMCjMsxj_4j7FMUmdY6KAjNeG1fDemWukq3-ncyIChiFcr3du06KnnTytuiqrMqxl9eok9GLzunGeE/s1600/Apinae+1.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" ox="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjWOtaigTqyQPeF-RuBTsdFON1uuC9EeRX9gEAerULSRdsg_ImoGOe_f7HMjNdUgaRMCjMsxj_4j7FMUmdY6KAjNeG1fDemWukq3-ncyIChiFcr3du06KnnTytuiqrMqxl9eok9GLzunGeE/s320/Apinae+1.jpg" /></a><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh7jQKiJcKixEdZr1QsK9WQlUbVuo0oV52JmFiEw6Y3XqPj7Mq9X8xY5DbssdarWrq8D5wFMvToAEhYfUzoukx_EfL-qlBy2P51vgRZ4s36oIa84W8BYI6XTTlyiVEREvwlHqTgB1xW_yLP/s1600/Bombus_terrestris.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" ox="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh7jQKiJcKixEdZr1QsK9WQlUbVuo0oV52JmFiEw6Y3XqPj7Mq9X8xY5DbssdarWrq8D5wFMvToAEhYfUzoukx_EfL-qlBy2P51vgRZ4s36oIa84W8BYI6XTTlyiVEREvwlHqTgB1xW_yLP/s320/Bombus_terrestris.jpg" /></a><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEghvsJMmBgoaTaSM9ZgewO17Va3stEFYw_M4gs2nuZX-j60EffQsu9_toDXHAmtqNqdetMp6BUCrl-7Xg4evYI3uq5B1_EQBNVVszSJ4CLGXSb_Mb8tI6YsQ-ehvFKA-WzFo9Q6erXpZRfk/s1600/BombusMelanopygus.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" ox="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEghvsJMmBgoaTaSM9ZgewO17Va3stEFYw_M4gs2nuZX-j60EffQsu9_toDXHAmtqNqdetMp6BUCrl-7Xg4evYI3uq5B1_EQBNVVszSJ4CLGXSb_Mb8tI6YsQ-ehvFKA-WzFo9Q6erXpZRfk/s320/BombusMelanopygus.jpg" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br />
</div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><strong>Apinae</strong> è una sottofamiglia di apidi, che comprende alcune migliaia di specie divise in 20 Tribù, tra le quali si annoverano gli Apini o api mellifere e i Bombini o bombi</div><br />
<strong>Descrizione </strong><br />
Questi animali sono caratterizzati dal fatto di possedere delle zampe conformate appositamente per la raccolta e l'immagazzinamento del polline. Le zampe sono, infatti, dotate del rastellum, una fila di setole rigide ubicata al loro apice, e della cestella, una cavità in cui, per mezzo del rastellum, il polline è collocato per il suo trasporto fino all'alveare<br />
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<strong></strong>Guglielmohttp://www.blogger.com/profile/18391777963114840422noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8131702325084180059.post-39664728282062141722010-07-08T08:07:00.000-07:002010-07-08T08:09:14.770-07:00quattordicesima classificazione scientifica di Apis mellifera: la Famiglia Apidae<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi7zUZFK3Esa1uvJnl8eAH-V4wW8d-JVdx22aszTzoRSFzyBtQ4-Xz3Z6Rs0PftikBXLe2LQunpdQAFFbNbD7PqhqCiq5m1WRgfkUFBHhGLeh8GWJb9jbnZjVGgUUS9Tn6vEowyuO839Mxd/s1600/Apidae--Bombus.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" rw="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi7zUZFK3Esa1uvJnl8eAH-V4wW8d-JVdx22aszTzoRSFzyBtQ4-Xz3Z6Rs0PftikBXLe2LQunpdQAFFbNbD7PqhqCiq5m1WRgfkUFBHhGLeh8GWJb9jbnZjVGgUUS9Tn6vEowyuO839Mxd/s320/Apidae--Bombus.jpg" /></a><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjNSeecVpgK9V5sUVZIzp3pN5iYW4XCxEnZmD3z1kSt7Pxdj4EsOiYCGdsUmC_7Y3ItOdLeh7uUsCKKPV__MuigXjq57IgP9-Z36tbGBKgK9cA6liBZ6cmEtIMJ2jS3_KHwwlpmTW5WfhCt/s1600/calabrone.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" rw="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjNSeecVpgK9V5sUVZIzp3pN5iYW4XCxEnZmD3z1kSt7Pxdj4EsOiYCGdsUmC_7Y3ItOdLeh7uUsCKKPV__MuigXjq57IgP9-Z36tbGBKgK9cA6liBZ6cmEtIMJ2jS3_KHwwlpmTW5WfhCt/s320/calabrone.jpg" /></a><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEilEkjQwOeW628YBfriThtpNtS8YNUSe7vjCqBIVByeBMJjiZeWtTAPMVnGrGe5m_KwDG1gthd0Jr83Guhv_2mFzneWaly-h2BznqYNkxU159SM2NuCKGZAH-Xm4YhMa2SfkG-faLgIRLae/s1600/Nomada-lathburiana.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" rw="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEilEkjQwOeW628YBfriThtpNtS8YNUSe7vjCqBIVByeBMJjiZeWtTAPMVnGrGe5m_KwDG1gthd0Jr83Guhv_2mFzneWaly-h2BznqYNkxU159SM2NuCKGZAH-Xm4YhMa2SfkG-faLgIRLae/s320/Nomada-lathburiana.jpg" /></a><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjD-lniuHHMWVUCLFWu4A4cJWs699xvgnLLc5dknwSo2UKZ0S4K3jHDD-l6J2mEAT76wTzeLNCERFqsnQqIbIM0hVXVuu6CqaJKz0AFW0fBPF1Q77D2B2Nfdi882leVJvCfaDnJ2LQSN83H/s1600/Thyreus-sp-2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" rw="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjD-lniuHHMWVUCLFWu4A4cJWs699xvgnLLc5dknwSo2UKZ0S4K3jHDD-l6J2mEAT76wTzeLNCERFqsnQqIbIM0hVXVuu6CqaJKz0AFW0fBPF1Q77D2B2Nfdi882leVJvCfaDnJ2LQSN83H/s320/Thyreus-sp-2.jpg" /></a><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhLXKKXjP4nxKHupQ7iLM6_AcY9Es-z7M-tQU42Ss_LYPlNerq5rflYGPuI4iAQX3EOh7xvKEQ57wrCzaqyy9oQ-9RjGQt9cAQYXRjqZ65mEw56_Sq3UdqoVHI2LfsxyX0uFueKSYZTmvc-/s1600/Xylocopa-violacea-2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" rw="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhLXKKXjP4nxKHupQ7iLM6_AcY9Es-z7M-tQU42Ss_LYPlNerq5rflYGPuI4iAQX3EOh7xvKEQ57wrCzaqyy9oQ-9RjGQt9cAQYXRjqZ65mEw56_Sq3UdqoVHI2LfsxyX0uFueKSYZTmvc-/s320/Xylocopa-violacea-2.jpg" /></a></div><div align="left" class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br />
</div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">The Apidae are a large family of bees, comprising the common honey bees, stingless bees (which are also cultured for honey), carpenter bees, orchid bees, cuckoo bees, bumblebees, and various other less well-known groups. The family Apidae presently includes all the genera that were previously classified in the families Anthophoridae and Ctenoplectridae, and most of these are solitary species, though a few are also cleptoparasites. The four groups that were subfamilies in the old family Apidae are presently ranked as tribes within the subfamily Apinae. This trend has been taken to its extreme in a few recent classifications that place all the existing bee families together under the name "Apidae" (or, alternatively, the non-Linnaean clade "Anthophila"), but this is not a widely-accepted practice.</div><br />
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The subfamily Apinae contains a diversity of lineages, the majority of which are solitary, and whose nests are simple burrows in the soil. However, honey bees, stingless bees, and bumblebees are colonial (eusocial), though they are sometimes believed to have each developed this independently, and show notable differences in such things as communication between workers and methods of nest construction. Xylocopines (the subfamily which includes carpenter bees) are mostly solitary, though they tend to be gregarious, and some lineages such as the Allodapini contain eusocial species; most members of this subfamily make nests in plant stems or wood. The nomadines are all cleptoparasites in the nests of other bees.<br />
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<div style="text-align: left;"></div>Guglielmohttp://www.blogger.com/profile/18391777963114840422noreply@blogger.com0